La scintilla non è scattata. Tra Massimo D'Alema e Pietro Grasso non c'è un grande feeling politico. Ora, però, la soglia del 3% terrorizza Baffino e lo obbliga a correre ai ripari, rompendo la finta tregua con il presidente del Senato. Dall'inizio della campagna elettorale, i sondaggi inchiodano Liberi e uguali, la formazione politica nata dalla scissione del Pd, in una forbice tra il 4 e il 5%. Ma a impensierire il Lider Maximo è il trend, costantemente in calo: dal 3 dicembre, giorno del debutto del presidente del Senato al teatro Atlantico dell'Eur di Roma, ad oggi, Leu è passato dal 7,3 al 5,3 (ultimo sondaggio di Emg). Accantonato il sogno della doppia cifra, D'Alema avrebbe in testa una sola missione: difendere il partito dal voto utile, che potrebbe trascinare sotto lo sbarramento la lista di Liberi e uguali alle Politiche. L'affacciarsi sulla competizione elettorale di due formazioni politiche di sinistra, come Potere al Popolo e il Partito comunista di Marco Rizzo, sta erodendo, giorno dopo giorno, consensi alla lista di Grasso e D'Alema. La battaglia dell'ex presidente del Consiglio cambia obiettivo, puntando a mettere in sicurezza quel 3% per consentire l'elezione in Parlamento di una decina di desaparecidos del vecchio Pci. E non vanificare mesi e mesi di guerra contro il segretario dei democratici. Con quale strategia? Commissariare Grasso nella fase cruciale della campagna elettorale, riassumendo la guida dell'iniziativa politica ed elettorale.
Il primo segnale è arrivato ieri da Brindisi, dove D'Alema in una tappa elettorale ha indossato i panni del vero leader di Leu indicando la strada in caso di stallo post elezione: «I cittadini siano consapevoli che con questa legge nessuno avrà la maggioranza. Che il voto utile è quello che manda in Parlamento persone autorevoli, in grado di difendere gli interessi dei cittadini. Se non ci sarà una maggioranza parlamentare, il capo dello Stato deve prendere l'iniziativa di proporre una personalità al di sopra degli schieramenti e di chiedere a tutti i partiti un atto di responsabilità». Il prossimo passo sarà il ritorno in tv di Baffino, per rispolverare tutta l'artiglieria anti-renziana. D'Alema ha intuito che Grasso non sfonda a sinistra: il leader di Liberi e uguali viene percepito, da quel che resta del mondo di sinistra, come un corpo estraneo. E soprattutto quell'area politica è occupata da centri sociali e sinistra radicale. L'operazione di trasformare Leu nel partito dei magistrati è fallita: il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha dato picche al presidente del Senato, annunciando l'endorsement per la lista di Potere al popolo. Ma anche Ingroia e Di Pietro si sono smarcati. L'unica strada è pescare tra i delusi del Pd. E c' è un solo modo per farlo: attaccare a testa bassa il rottamatore.
D'Alema ha provato ad affidare a Grasso il compito dell'anti Renzi. Ma il tentativo non ha prodotto i risultati sperati. In tv il presidente del Senato colleziona gaffe su gaffe: l'ultima, il balletto dei numeri sulle mamme che abbandonano il lavoro. Numeri sbagliati che hanno immediatamente scatenato l'ironia della rete. E se non buca lo schermo, figuriamoci se riesce a infiammare la piazza. Lo strappo sulle liste ha reso la strada sempre più in salita: D'Alema voleva Antonio Bassolino candidato, mentre Nicola Fratoianni ha imposto l'alt. D'Alema resterebbe, dunque, l'ultima carta da giocare: il controllo della fase finale della campagna elettorale passa nelle mani di Baffino che proverà a spingere al massimo la macchina di Leu. Puntando, come si diceva, sull'antirenzismo duro. Grasso soffre il ruolo di «bocciato» e sgomita per ritornare in partita, ingaggiando la guerra contro il fantasma del fascismo: «Non è un problema di agilità politica.
È di dire con forza no al fascismo, no al razzismo, no a tutte quelle manifestazioni per le quali si crea un clima di tensione e di odio».Così, mentre D'Alema lavora per non far sparire Leu, Grasso insegue i fantasmi del Duce.
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