Dall'anoressia al gourmet: "Io, salvata dai grandi chef"

Cristina Viggè pesava 26 chili. Poi è diventata blogger enogastronomica: "Il riscatto grazie al cibo"

Dall'anoressia al gourmet: "Io, salvata dai grandi chef"

All'inferno e ritorno grazie agli chef. Non è il titolo dell'ennesimo reality televisivo sul pianeta food, ma la storia vera di una donna che ha rischiato la vita per lo scarso amore verso il cibo, così come è anche stata definita l'anoressia nervosa; proprio la cultura del cibo però l'ha aiutata a recuperare l'amore verso sè stessa, e la salvezza. Quella di Cristina Viggè, oggi affermata giornalista e blogger nel settore enogastronomico, è una delle disavventure (per fortuna a lieto fine) che colpiscono tante ragazze nel passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta, in Italia circa tre milioni. Sulle cause dei cosiddetti disturbi alimentari gli psicologi hanno scritto fiumi d'inchiostro ma, come spesso accade per le malattie dell'anima, ogni caso è pianeta a sé. Cristina, che allora aveva 19 anni, era una brillante studentessa agli inizi della facoltà di Lettere all'Università Cattolica di Milano. «Una ragazza come tante, forse un po' cicciottella - ricorda oggi - dedita allo studio e alla danza moderna, altra grande passione. Iniziai a dimagrire senza neanche accorgermene, durante i mesi di andirivieni tra casa e università».

Molti psicologi sostengono che alla base del rifiuto del cibo vi siano conflitti familiari irrisolti, in particolare nella relazione con la madre. Non era il suo caso. «Il rapporto era ottimo con i miei, che erano due operai felici che io studiassi ma mai invasivi. Anzi, era mia madre a spingermi ad uscire con gli amici nei periodi in cui studiavo troppo. Il cibo? Non l'ho mai considerato un nemico e non ero neppure a dieta. Mangiavo come tanti studenti nei bar vicini alla facoltà, forse troppo poco rispetto alle energie che richiedevano lo studio e i miei 19 anni. Soprattutto verdure e frutta, però mi sentivo bene». Ma era l'inizio di un'inconsapevole discesa verso il baratro. Dicono che in famiglia i casi di anoressia abbiamo effetti o coesivi oppure distruttivi. «Nel mio caso l'unità familiare si rafforzò e anche dai professori ebbi un indimenticabile sostegno. Ma oramai ero entrata in una spirale di cui non riuscivo a vedere i contorni, e anche le psicoterapie di gruppo si rivelarono del tutto inutili». Una spirale che dopo tre anni la spinse a sospendere l'Università. «Sentivo che mi stavo sciogliendo come neve al sole e non avevo più energie mentali per sostenere lo studio; fui ricoverata due volte al San Raffaele perché ero scesa a trenta chili. Durante la prima degenza ne riacquistai due o tre che però persi subito, una volta dimessa. A 24 anni fui ricoverata una seconda volta in condizioni gravissime, ero arrivata a pesare 26 chili e i medici erano scettici sul fatto che ce l'avrei fatta; non riuscivo neppure a sedermi senza un cuscino, per quanto ero diventata scheletrica». Esiste un vecchio detto secondo cui puoi risalire solo quando tocchi il fondo. E così è stato per Cristina. «Una psichiatra dell'ospedale, Mariella Brunetta, mi propose il ricovero alla clinica di Ville Turro che allora aveva otto posti letto per l'anoressia. Dissi di sì e in quel momento ebbi la sensazione che ce l'avrei fatta». Nel gennaio iniziò una degenza che durò quasi quattro mesi; un periodo che ricorda come «marziale» ma anche purificatore. «Non potevo avere alcun contatto col mondo esterno, uno staff di medici e dietisti mi rieducò al cibo, al rispetto degli orari e ad una dieta assolutamente sana ma nutriente, perché l'obiettivo era quello di metter su mezzo chilo a settimana. Mi sono sentita presa per mano e a mia volta cercavo di aiutare la mia compagna di stanza che a volte si nascondeva il cibo nelle tasche. Quando uscii dalla clinica pesavo 39 chili, ma soprattutto stavo ritrovando me stessa». La nuova vita coincise con la ripresa dell'università ma anche con la scoperta di un'insospettabile passione, il giornalismo... enogastronomico. «Dopo un anno di master in comunicazione iniziai a collaborare come cronista per alcune testate, tra cui Itinerari Travel, una rivista di viaggi e tempo libero. In quell'occasione iniziai a conoscere grandi chef stellati come Gualtiero Marchesi e Moreno Cedroni che mi aprirono un mondo sconosciuto e meraviglioso. I cuochi mi hanno insegnato che dentro il cibo c'è vita, energia, felicità e vigore. Allora pesavo ancora 44 chili, dunque ero sottopeso, ma quell'incontro fu decisivo per la mia definitiva rinascita. Iniziai a partecipare a pranzi, cene e degustazioni e imparai a lasciarmi definitivamente andare, vincendo quella che probabilmente era la mia paura di perdita di controllo».

Fu l'inizio di una nuova vita ma anche di una brillante carriera interamente dedicata al cibo e alla cucina. Prima al sito «Milanodabere», poi come caporedattore alla rivista «Grande Cucina» di Italian Gourmet, ora come direttore della testata online Fuorimagazine.

it creata da Molino Quaglia e Petra, leader nelle farine naturali. «Oggi ho 47 anni e peso 54 chili e il cibo, che fu il mio incubo, è diventato la mia vita. Anzi il mio riscatto. E alle ragazze che hanno questo problema dico: imparate ad affidarvi, perché da sole non ce la si fa».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica