Politica

Dalle piramidi ai grattacieli nel deserto Nasce la nuova Cairo (coi soldi cinesi)

La capitale amministrativa sarà a 45 chilometri dalla città vecchia Ospiterà ministeri e quartieri residenziali per 7 milioni di abitanti

Francesco De Palo

Una volta completata sarà più grande dell'area di Madrid. Sta per nascere una nuova Dubai nel mezzo del deserto egiziano. Non solo per attrarre turisti bensì per piantare un segno del nuovo corso politico targato Al Sisi. L'Egitto è atteso da una rivoluzione anche urbana e amministrativa, oltre che geopolitica legata ai nuovi giacimenti di gas.

A 45 chilometri dal Cairo sorgerà la nuova capitale amministrativa con una superficie totale di 700 chilometri quadrati. Una new town finanziaria e culturale dal sapore faraonico, destinata a ospitare 34 ministeri, un mega centro commerciale, con quartieri residenziali per una capienza di sette milioni di residenti: il tutto impreziosito dalla cornice anche legata all'immagine che Al Sisi intende dare. Braccio operativo del progetto è un'agenzia di sviluppo chiamata Acud (capitale amministrativa per lo sviluppo urbano), una joint venture tra l'esercito egiziano (51%) e il ministero dell'edilizia abitativa (49%) nata per gestire i nuovi fazzoletti di territori che diventeranno il simbolo del governo.

La mossa fa parte di una più ampia strategia che Al Sisi ha impiantato nel paese per diventare un player macro regionale a cavallo tra due quadranti significativi come quello euromediterraneo e quello mediorientale. Il Presidente in due anni ha maturato una scelta chirurgica per l'Egitto: far fluttuare la moneta e attuare un solido programma di riforme. Immediata conseguenza è che oggi non solo gli investitori internazionali sono stimolati a guardare al Cairo come un soggetto stabile, ma che le prospettive sono mutate anche per via del dossier energetico che «promuove» il paese in chiave geopolitica e finanziaria. Un attivismo che sulla scena internazionale si è strutturato attraverso alcune iniziative.

Lo scorso 19 settembre Il Cairo ha siglato un accordo con Cipro per collegare il giacimento di gas Afrodite con gli impianti di liquefazione dell'Egitto. L'obiettivo è la creazione di un hub regionale per il gas e il petrolio che sarà operativo dal 2022 con una capacità di 19,8 milioni di metri cubi. Nell'ottobre 2017 la China State Construction Engineering Corp (CSCEC) ha firmato un contratto da 3 miliardi di dollari per costruire 20 torri nel distretto centrale degli affari, finanziato principalmente da prestiti bancari cinesi. E l'Egitto ha anche preso in prestito 1,2 miliardi dalla Cina per costruire una ferrovia elettrificata di 68 km dalla nuova città alla periferia del Cairo.

Uno spaccato in cui il gas non è elemento secondario ma attore protagonista che sta dettando i tempi della nuova politica di Al Sisi. Il colosso israeliano Delek Drilling, assieme alla statunitense Noble Energy e all'egiziana Egyptian Gas Transportation Company East Gas (Egcl) hanno acquisito il del 39% di East Mediterranean Gas (Emg) per 1,3 miliardi di dollari. Il gasdotto è in grado di collegare la rete di oleodotti israeliani da Ashkelon a quella egiziana di El Arish, ma il suo funzionamento è stato interrotto a causa degli attacchi terroristici. Oggi il quadro è cambiato e il giacimento Leviathan sta diventando l'ancora principale di energia nel bacino del Mediterraneo con interessi anche in Egitto e Giordania.

Per questa ragione la new town nella sabbia egiziana rappresenta la naturale continuazione logistica dell'evoluzione del Cairo: la fase uno del distretto residenziale è quasi completata, con l'85% dei lotti già venduti anche a soggetti internazionali.

Ora resta da realizzare la parte più ambiziosa, il distretto commerciale, battezzato Capital Park in grado di ospitare, una volta ultimato, 200mila persone creando 450mila posti di lavoro.

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