Dall'Istat all'opera nomadi. Il censimento rom? C'è già

L'indagine dell'Istituto, chiesta dall'Ue, è del 2017. "Ma loro non dichiarano l'appartenenza etnica"

Dall'Istat all'opera nomadi. Il censimento rom? C'è già

Chi si straccia le vesti, chi grida allo scandalo e chi, peggio ancora, invoca il ritorno della schedatura etnica, anticamera di persecuzioni razziali. Vero è che una certa propaganda non trova pace se fa leva sull'inconstituzionalità di un programma di censimento per Rom, Sinti e Caminanti quando, e soprattutto, il progetto pilota per censire le popolazioni di etnia nomade ce l'avevano in mano proprio loro: i denigratori di Salvini. La relazione è datata 2017. Lo scorso anno però nessuno ha proferito un fiato contro la collaborazione tra Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, Anci (l'associazione dei comuni) e Istat, finanziata da fondi europei.

Vale a dire che tutto il centrosinistra, oggi sempre più detrattore incallito di Matteo Salvini, di quell'indagine svolta in quattro comuni italiani ne aveva ben donde visto che era stata svolta a Bari, città governata dal renzianissimo presidente dell'Anci, Antonio Decaro, ma anche a Catania, Lamezia Terme e Napoli. Da quello studio, tra le tante difficoltà per effettuarlo, emerse pure «la riluttanza delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti a dichiarare la precisa appartenenza a una minoranza etnica e identificarsi» come viene riportato nella relazione definitiva.

Ma questa non è l'unica relazione che è stata svolta negli anni. Tra il 2008 al 2011 la commissione Diritti umani del Senato, presieduta all'epoca dal piddino Pietro Marcenaro, mise in piedi un'altra indagine conoscitiva sulle popolazioni nomadi in Italia e in Europa, dettagliate addirittura con appositi viaggi in Romania, Francia e Austria e che si concluse qualche anno più tardi sotto la presidenza del collega di partito Luigi Manconi. Analogamente anche per i dati raccolti a Palazzo Madama emergono le stesse problematicità: il Pd aveva rilevato «la difficoltà delle valutazioni in assenza di dati certi». E perfino la Caritas Ambrosiana si è spesa direttamente per mettere in piedi un censimento della popolazione Rom. È stata infatti portata avanti e completata nel giro di due anni un'analisi scientifica a opera di due ricercatori universitari della Bicocca di Milano che hanno cercato di censire, per la prima volta, i nomadi cosiddetti invisibili, tra i loro accampamenti di fortuna e l'abusivismo al limitare dei campi autorizzati.

Ma non è finita qui. Qualche anno prima anche l'Opera Nomadi dopo un serrato tira e molla aveva collaborato alla stesura di una bozza in diverse aree del Nord Italia. Nel 2015, all'apice dell'era renziana, nessun appartenente alla maggioranza di governo ha fatto insinuazioni quando l'allora titolare del Viminale, Angelino Alfano, annunciò una stretta sui nomadi dopo aver incontrato una delegazione dell'Anci.

Infine a completare la sequela di studi, indagini e relazioni programmatiche ci sono anche due recentissimi progetti europei, a sostegno delle piattaforme nazionali per i Rom, che delineano la necessità di avviare un lavoro di identificazione delle caratteristiche delle diverse etnie e provenienze con tanto di raccolta, analisi e studio dei dati. Uno è partito a maggio e l'altro appena il 12 giugno scorso entrambi finanziati dalla Commissione Ue per un totale di 4 milioni e mezzo. Dalle caratteristiche dei progetti si evince che l'identificazione e il censimento delle popolazioni nomadi stanziali è uno dei primi passi per avviare l'integrazione. Ecco, anche in questo caso specifico il j'accuse dell'opposizione piddina non si è palesato scagliandosi contro Bruxelles. Macché.

Sanno bene costoro che la ricerca sull'etnia Rom ha radici antiche almeno quanto la necessità e l'urgenza di contarne gli appartenenti, provare a integrarli con un percorso di scolarizzazione e inserimento lavorativo. Almeno per coloro che a oggi risultano cittadini italiani.

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