«Livet er livsfarligt», la vita è pericolosa. Finn Norgaard, celebre documentarista danese, aveva postato questa frase sul profilo Facebook qualche giorno fa. Come se si aspettasse da un momento all'altro la vendetta jihadista, che è arrivata puntuale sabato pomeriggio al Krudttoenden Cafe, sotto forma di un colpo di fucile che l'ha raggiunto in pieno petto. Norgaard è una delle due vittime del 22enne Omar Abdel Hamid El Hussein, il «lupo solitario» di origini maghrebine che ha seminato il terrore a Copenhagen prima di venire ucciso dalle forze dell'ordine. Era uscito di galera appena due settimane fa dopo aver scontato una condanna per aggressione. Il 22 novembre 2013 aveva accoltellato sul treno, nei pressi della fermata di Amarken a Copenhagen, un coetaneo per futili motivi. Cresciuto nel Paese scandinavo, anche se il nome indica origini arabe, era già noto alle forze dell'ordine danesi per violenze, partecipazione a gang criminali e possesso di armi. Secondo gli 007 di Copenaghen, che lo tenevano d'occhio, potrebbe esser stato ispirato dalla propaganda dell'Isis e dagli attentati di gennaio a Parigi, anche se non è chiaro se abbia avuto contatti con gli jihadisti o se si sia mai recato in Iraq o Siria. Di certo era ben armato, con diverse pistole e almeno un'arma automatica.
Prima gli spari al circolo culturale, dove si stava svolgendo un dibattito sulla blasfemia al quale partecipavano, l'artista svedese Lars Vilks, e l'ambasciatore di Parigi in Danimarca Francois Zimeray. Poi, intorno all'una di notte, l'assalto nel quartiere Krystalgade, vicino alla sinagoga più importante della capitale danese. Il fucile ha nuovamente esploso colpi mortali. A cadere a terra un giovane ebreo e due agenti, feriti a un braccio e una gamba. La vittima si chiamava Dan Uzan, 37enne molto noto nella locale comunità ebraica, a cui era stato affidato il compito di controllare gli ingressi nel tempio, dove si stava celebrando la cerimonia del Bar Mitzvah. Uzan era un ex giocatore di basket professionista e da qualche tempo allenava le giovani promesse del club. «Per quasi due ore siamo stati costretti a nasconderci nei sotterranei della sinagoga, ma eravamo pronti. Sapevamo dell'attentato e di essere i prossimi obiettivi», ha raccontato alla radio militare israeliana Neta Ben-Tov una donna che partecipava alla funzione religiosa. Omar è quindi fuggito a piedi, innescando una gigantesca operazione della polizia. Intercettato nel centro della città, poco dopo l'alba nel quartiere di Noerrebro, dove gli inquirenti tenevano sotto sorveglianza un'abitazione, ha aperto il fuoco ma è stato ucciso. «Si è concluso l'incubo, ma il mio Finn non me lo restituisce nessuno», ha raccontato in lacrime Janne Pedersen, fidanzata del regista trucidato. Il killer non ha sparato a caso. Norgaard era stato più volte intimidito. A novembre, durante un viaggio a Parigi, ne aveva parlato con Stephane Charbonnier, uno dei vignettisti di Charlie Hebdo assassinato dai fratelli Kouachi. «Finn e Charb erano amici. Li avevano minacciati di morte, ma avevano la capacità di sdrammatizzare», rivela la donna. Norgaard era inviso agli estremisti per alcuni documentari dove metteva a nudo il lato più scomodo dell'Islam. Forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso potrebbe essere stato il recentissimo battage pubblicitario a favore degli allevamenti di suini in Danimarca. Carne considerata «immonda» in una Sura del Corano. La Danimarca è sotto choc e, come accadde a Parigi, a rischio psicosi.
L'allarme bomba all'aeroporto di Kastrup si è rivelato infondato, mentre i controlli sono stati rafforzati alla stazione ferroviaria Hovedbanegard. La polizia ha anche arrestato 4 giovani in un internet café della capitale che potrebbero essere fiancheggiatori di Omar.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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