Dazi anche sui lingotti, oro ai massimi

Nuovo record a 3.543 dollari. Le tariffe sul metallo rischiano di affossare Wall Street

Dazi anche sui lingotti, oro ai massimi
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La scure dei dazi di Donald Trump cala anche sui lingotti d'oro, gettando scompiglio in un mercato che si credeva immune alla stretta protezionistica dell'amministrazione statunitense. L'annuncio ha provocato un'immediata impennata delle quotazioni a New York, dove il metallo prezioso ha raggiunto il nuovo record storico di 3.543 dollari l'oncia.

Tradizionalmente l'oro è esente da tariffe doganali, considerato il suo ruolo strategico nel sistema finanziario internazionale. Lo stesso governo americano, ad aprile, aveva assicurato che non sarebbe stato toccato dalle nuove misure. La decisione ha quindi sorpreso gli operatori e, soprattutto, la Svizzera, primo esportatore mondiale di oro raffinato.

Per Berna, già colpita da un'imposizione al 39% sui prodotti svizzeri, il dazio sull'oro è una doccia fredda che complica ulteriormente il quadro politico ed economico. Il governo elvetico sta valutando "tutte le opzioni" per uscire dall'impasse con Washington, compresa l'insolita idea di chiedere aiuto a Gianni Infantino. Il presidente della Fifa, originario della città svizzera di Briga, intrattiene da anni rapporti personali con Trump, e potrebbe fungere da mediatore informale.

Il provvedimento, spiegano gli analisti, rischia di ridisegnare il flusso globale dei lingotti. I future sull'oro, negoziati sulla borsa Comex di New York, richiedono che i metalli possano essere facilmente importati nei magazzini statunitensi per regolare i contratti. Con i dazi, questo processo diventa più oneroso, soprattutto per la Svizzera, snodo cruciale della filiera. I costi aggiuntivi potrebbero spingere parte degli operatori a spostare le operazioni a Londra, minacciando il primato di New York come maggiore mercato mondiale dei future sull'oro.

Trump, dal canto suo, rivendica i risultati della sua politica tariffaria. "I dazi stanno avendo un impatto molto positivo sui mercati azionari, con nuovi record quasi ogni giorno. Oltre a portare centinaia di miliardi di dollari nelle casse americane", ha affermato trionfante. Secondo l'Organizzazione mondiale del commercio e il Fondo monetario internazionale, la media delle tariffe Usa è oggi al 20,1%, il livello più alto dagli anni Dieci del Novecento, con l'eccezione di alcune settimane nel 2025.

Mentre l'Unione Europea resta in attesa della firma di Trump sulla dichiarazione congiunta già concordata, il Giappone ha chiesto formalmente a Washington di rivedere l'ordine presidenziale, eliminando l'accumulo di tariffe e rispecchiando fedelmente l'intesa raggiunta tra le parti.

Molto più teso il dossier India. Qui le tariffe sono diventate uno strumento geopolitico, con Washington intenzionata a spingere Nuova Delhi a ridurre e infine interrompere l'acquisto di petrolio dalla Russia, per indebolire l'economia di guerra di Mosca. Trump ha imposto al Paese asiatico dazi complessivi del 50%, di cui la metà come penalità per il greggio russo. Le trattative continuano, ma senza progressi sostanziali.

L'India ha già smentito di voler rinunciare agli acquisti di armi americane, mentre il clima tra Trump e il premier Narendra Modi resta gelido.

Lo scorso 17 giugno i due leader hanno avuto un colloquio ad alta tensione: Modi ha ricordato che India e Pakistan hanno discusso direttamente un cessate il fuoco e che Nuova Delhi "non accetta e non accetterà mai la mediazione", smentendo così il presidente americano. Trump che si era attribuito il merito di aver "prevenuto una guerra nucleare" tra le due potenze.

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