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La folle idea: i cronisti pagano, i fondi vanno ai vip

La De Gregorio è nei guai e la Federazione della stampa si attiva. Ma per gli altri nessuno si muove

La folle idea: i cronisti pagano, i fondi vanno ai vip

Roma C'è un giornalismo di serie A e un giornalismo di serie B. Ecco il doppiopesismo: Concita De Gregorio, ex direttore de L'Unità , si ritrova nei guai subendo una serie di risarcimenti danni (per un totale di 536mila euro) per cause civili perdute in primo grado. Ma, manco a dirlo, riceve la solidarietà del presidente del Senato Pietro Grasso, del presidente della Camera Laura Boldrini. Di più: la Federazione nazionale della stampa parla addirittura di «un fondo di solidarietà a sostegno dei giornalisti della ex Unità ». Giusto. Così è successo ai giornalisti e ai direttori dell 'Unità . Ma così succede anche a migliaia di cronisti sparsi in tutto lo stivale, che scrivono inchieste per testate più o meno autorevoli, ma non appartengono al circuito della sinistra benpensante. Ad esempio, Emiliano Liuzzi, giornalista del Fatto Quotidiano , quando scriveva per il Co rriere di Livorno , è incappato in una situazione simile. E in una lettera inviata a Dagospia lo ha raccontato: «Caro Dago (...), che si muova il sindacato dei giornalisti mi sembra una grave distorsione. Io, modestamente, ho lo stipendio pignorato per lo stesso motivo di Concita. Non mi hanno pignorato la casa perché non la posseggo e perché al Corriere di Livorno - giornale che finì esattamente come l'Unità senza avere quel popò di storia che ha l'Unità - eravamo terrorizzati dalle cause. Attualmente sto pagando 15.000 euro (una sciocchezza rispetto a Concita, ma io non sono biondo, ancora modestamente), (...) Non fu un'impresa facile».

Certo, non fu una impresa facile anche perché all'epoca tutti restarono in silenzio. Così come in passato avvenne con giornali non esattamente di sinistra come L'Indipendente e Il Borghese . Stessa situazione, nessuna mobilitazione. Oggi, invece, si cerca di correre ai ripari. Come? Martedì la sala stampa di Montecitorio pullulava di giornalisti e parlamentari Pd, tutti premurosi di risolvere l'affaire Unità . Grasso ha parlato di «situazione grave», e Laura Boldrini non ha perso tempo a fargli eco. La storia è semplice per chi conosce la legge sulla stampa: quando qualcuno cita in giudizio un giornale, vanno a processo l'autore dell'articolo, il direttore responsabile della testata e l'editore. Tutti e tre, si dice in gergo tecnico, ne rispondono «in solido», ma se qualcuno non paga ne rispondono gli altri due. Nel caso specifico l'allora editore de L'Unità - la Nie - non esiste più, e nessuno si può rivalere su quella società. Ma nel Paese non esiste soltanto L'Unita di Concita De Gregorio. Eppure ad oggi la Federazione nazionale della stampa non riesce a fornire il numero di giornalisti in cause pendenti per querele. «Con la conferenza stampa di martedì - afferma il presidente della Fnsi Santi Della Volpe - abbiamo scoperto il vaso di pandora. Noi abbiamo fatto i conti per L'Unità . I giornalisti coinvolti sono 26 e la cifra di risarcimento che comprende le spese processuale ammonta a 536 mila euro. Ma non le so fornire un dato nazionale In queste ore stiamo ricevendo tantissime segnalazioni, da colleghi del Manifesto , del Secolo XIX , e da altre testate».

Insomma, si parte dal caso Unità, giornalismo di serie A, e poi si procede con la restante parte dei giornalisti italiani. Secondo quanto risulta al Giornale , la cifra dei giornalisti coinvolti supererebbe quota mille giornalisti stati lasciati al loro destino senza ricevere alcun sostegno da parte del sindacato e dai vertici delle istituzioni. Emblematico, ad esempio, il caso dell'ex direttore di e-polis Enzo Cirillo che ha subito 104 processi per un ammontare di centinaia di migliaia di euro, ma in quel caso - sottolinea- «non ho avuto un aiuto dall'Fnsi».

Certo, non si chiamava Concita.

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