Coronavirus

De Luca, secessione campana Il governo: no fughe in avanti

Il Nord scalpita, da Roma primi stop. Il governatore: "Pronto a chiudere i confini della mia Regione"

De Luca, secessione campana Il governo: no  fughe in avanti

Le Regioni del Nord vogliono riaccendere il motore dell'Italia. Il governo studia le contromosse per tenere ai box (in un lockdown permanente) la macchina Paese. Sul terreno della ripartenza si gioca la nuova partita tra governatori ed esecutivo. La cabina di regia (governo, Enti locali e Regioni) è l'arma che il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia mette sul tavolo per neutralizzare il pressing del Nord. L'esecutivo trova un nuovo alleato: il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Il governatore campano minaccia di ricostituire il Regno delle due Sicilie: «C'è chi preme per affrettare la ripresa di tutto ma dobbiamo avere grande senso di responsabilità. Se dovessimo avere corse in avanti in Regioni dove c'è il contagio così forte, la Campania chiuderà i suoi confini. Faremo una ordinanza per vietare l'ingresso dei cittadini provenienti da quelle Regioni».

Ma il fronte del Sud non è compatto: Nello Musumeci, governatore della Sicilia, si dissocia da De Luca. E punta a una ripresa in sicurezza. La fase due ripropone un film già visto: Regioni in ordine sparso tra divieti e deroghe. E un governo incapace di dettare una linea comune. Da Roma non arriva alcun segnale chiaro su tempi e modi per rimettere l'Italia sui binari della normalità.

Il ministro Boccia - dalle pagine della Stampa - indica una strada piena di incognite e nubi: «In un contesto che ha poche certezze, la classificazione di rischio delle attività di lavoro la fa Inail e non le Regioni. E tutto va incrociato con le valutazioni scientifiche». Ancora una volta, l'esecutivo ascolta unicamente la voce della scienza, ignorando il grido di imprenditori e commercianti ormai con l'acqua alla gola. La cabina di regia si riunirà oggi. In attesa di una proposta, il Veneto è pronto a rimettersi in carreggiata. «Il lockdown non esiste più. I dati ci fanno ben sperare e stiamo lavorando alacremente per presentare un progetto di messa in sicurezza per la ripartenza. Se dipendesse da me riaprirei tutto il 4 maggio con gradualità e senso di responsabilità», commenta il governatore Luca Zaia nel punto stampa quotidiano. Zaia avverte: «In Veneto c'è rischio di tenuta sociale, siamo il territorio delle 600mila partite Iva delle imprese che hanno meno di 15 dipendenti e di 150 mld di Pil. Se fallisce il Veneto, fallisce l'Italia». Scalpita la Regione Friuli Venezia Giulia: «Mi auguro che si possa riaprire una parte delle attività produttive anche prima del 4 maggio. Se ci sono le misure il motto deve essere riapriamo in sicurezza» spiega il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, a Mattino 5. Il governatore leghista annuncia la proposta, consegnata al ministro Boccia, di non versare allo Stato «le risorse previste per il biennio 2020-2021 nell'ambito della partecipazione della nostra Regione al risanamento della finanza pubblica». Segnali di insofferenza arrivano anche dalle Marche con il presidente Luca Ceriscioli che chiede al governo di fare presto. Aspetta il via libera da Roma anche la Lombardia: «La riapertura è subordinata al fatto che gli esperti, gli scienziati, ci diano via libera» chiarito il governatore Attilio Fontana in una diretta Facebook.

Tutti aspettano Roma. Ma il governo è in lockdown.

Tanto che in serata «fonti di Palazzo Chigi» (cioè Rocco Casalino e il suo staff) si sentono in dovere di informare i media che «anticipazioni, indiscrezioni e fughe in avanti rischiano di alimentare caos e confusione».

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