Decreto popolari, indaga il pm Il sospetto è l'insider trading

La procura di Roma apre un fascicolo sulle impennate dei titoli. La Consob aveva denunciato «plusvalenze per 10 milioni». Serra (Algebris) si chiama fuori: «Da noi nessuna operazione»

Decreto popolari, indaga il pm Il sospetto è l'insider trading

RomaL'operatività anomala sui titoli delle banche popolari nei giorni precedenti e successivi all'annuncio del decreto di riforma è diventata una questione giudiziaria i cui risvolti politici potrebbero essere potenzialmente devastanti. La Procura di Roma ha iniziato a indagare sulle impennate delle azioni in Borsa e non esclude di allargare il perimetro dell'inchiesta al commissariamento di Banca Etruria, la popolare aretina nel cui cda fino all'altroieri sedeva il padre del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi. Merito del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che nel corso dell'audizione alla Camera di mercoledì scorso, ha denunciato sospette «plusvalenze stimabili in 10 milioni di euro».

Anomalie sulle quali il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, e l'aggiunto Nello Rossi intendono fare luce. Ieri è stata data notizia dell'apertura di un fascicolo intitolato «atti relativi a», perché ancora non sono state formulate ipotesi di reato. È lecito supporre che i magistrati intendano verificare la sussistenza dell' insider trading , ossia appurare se al «giglio magico» del premier Renzi possano essere sfuggite indicazioni sfruttabili dagli speculatori.

In questa situazione stile Wall Street c'è un personaggio che non vuole recitare il ruolo del perfido Gordon Gekko-Michael Douglas. Si tratta di Davide Serra, il numero uno di Algebris Investments e grande sponsor di Matteo Renzi. «Algebris non ha comprato titoli delle popolari dall' 1 al 19 gennaio 2015», ha precisato in una nota, chiamandosi fuori dal vortice delle accuse. Anzi, per allontanare ogni sospetto, Serra ha fatto un'ammissione che ai sottoscrittori dei suoi fondi non piacerà. «Unica operazione di rilievo nel periodo è stata la dismissione di 5,2 milioni di azioni del Banco a un prezzo medio di 9,72 euro», prosegue. I titoli erano stati acquistate nel 2014, durante l'aumento di capitale, a un prezzo medio di 13,76 euro. La perdita è stata di 21 milioni. Escluso, infine, qualsiasi acquisto dei titoli Banca Etruria.

Le parole di Serra non sono state improvvide. In primo luogo, i commissari inviati da Bankitalia presso la popolare aretina hanno precisato che «risulta ampliata la situazione di insufficienza patrimoniale rispetto ai requisiti prudenziali». Impossibile «fornire elementi di dettaglio». L'unica certezza è che la contrazione dell'attivo è la risultante dell'«applicazione dei parametri più rigorosi rispetto a quelli sinora utilizzati per la determinazione del valore recuperabile dei crediti». In pratica, la banca (+57% nei giorni del rally in Borsa) non gestiva i prestiti diligentemente.

In secondo luogo, Serra ha agito di riflesso alla Procura di Roma la cui prima mossa è stata acquisire i documenti della Consob citati dallo stesso Vegas. In particolare, sono Bpm e il Banco Popolare i titoli che hanno consentito agli investitori «accorti» di registrare le maggiori plusvalenze potenziali in seguito al trading effettuato tra il 2 e il 16 gennaio.

Su Piazza Meda tre intermediari potrebbero aver portato a casa 3,25 milioni in tutto, mentre per il Banco la cifra ammonterebbe a 4,85 milioni. Per conoscere nomi e cognomi, però, bisognerà aspettare perché non tutte le operazioni sono state effettuate da o per conto di soggetti italiani.

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