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"Decreto? Qui vale l'ordinanza". È lite tra Lombardia e governo

Scontro duro tra il governatore Fontana e l'esecutivo: "I lombardi seguano le regole della mia ordinanza". Alta tensione

"Decreto? Qui vale l'ordinanza". È lite tra Lombardia e governo

Ormai lo scontro non si spegne. Il decreto approvato dall’esecutivo che va a definire la nuova stretta sulle attività produttive del Paese di fatto apre una crepa nel rapporto tra l’esecutivo e la regione Lombardia. Il premier Conte ha firmato il documento che nella sostanza lascia ancora aperte almeno 80 tipologie di attività. Su questo punto, subito dopo la firma di Conte sul decreto sono arrivate le parole del ministro Boccia: “Il provvedimento del governo è molto più dell'ordinanza della Lombardia”, ha affermato il ministro a Stasera Italia su Rete4 aggiungendo che il governo non ha “inseguito” la Lombardia e che anzi "sarebbe stato meglio che Fontana aspettasse" le misure dell'esecutivo. Alle parole di Boccia sono però seguite quelle dure della Lega che con Romeo e Calderoli ha chiesto le dimissioni del ministro già finito nel mirino dopo il caso dell’ironia con la mascherina sul volto in conferenza stampa con Borrelli, capo della Protezione Civile. Ma ad accendere definitivamente la serata sono state le parole dure e chiare del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

Il governatore ha affermato che sul territorio lombardo vale la sua ordinanza che come è noto è stata emanata prima delle comunicazioni di Conte di ieri sera con la sua diretta Facebook. Fontana non ha usato giri di parole e ha affermato: “Rivolgendomi a tutti i lombardi, dico loro di considerare valida e efficace l'ordinanza che ho firmato ed emanato per tutta la nostra regione. Nella stessa sono contenuti elementi certi e chiari, sia dal punto di vista delle prescrizioni, sia per quanto riguarda le tempistiche”. Si apre dunque un conflitto istituzionale tra la Regione Lombardia e l’esecutivo. A questo vanno aggiunte anche le tensioni tra i sindacati e Confindustria per la chiusura delle aziende come richiesta dall’ordinanza lombarda e in parte dal decreto del governo giallorosso. Le sigle sindacali hanno contestato la lista delle attività produttive lasciate aperte da Conte e hanno minacciato uno sciopero generale.

Tensioni su tensioni che di fatto non fanno bene ad un Paese già provato da una emergenza senza precedenti.

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