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Quel delirio della guerra civile "purificatrice"

Quel delirio della guerra civile "purificatrice"

Un altro demente che non si accontenta di versare sangue innocente, ma che sente il dovere di lasciare alla posterità (o meglio: «alla intera nazione tedesca») un documento di 24 pagine, nel quale chiarisce di aver massacrato un gruppo di disgraziati intenti a sorbirsi il loro tè alla menta in quanto «soldato in una guerra contro gruppi nazionali, razze o culture insediate tra di noi che sono distruttive sotto ogni aspetto». Tobias Rathjen, lo stragista di Hanau, aveva l'ossessione dei musulmani, così come Stephan Balliet il 27enne che nel settembre scorso tentò invano di far esplodere una sinagoga a Halle e si accontentò di ammazzare due persone scelte a caso per strada aveva il chiodo fisso degli ebrei. Tipi instabili che certamente ammiravano il forsennato estremista di destra norvegese Anders Breivik, che nel luglio 2011 compì una spaventosa strage di 69 adolescenti iscritti al partito laburista, neanche lui mancando di giustificarla con un delirante e prolisso «manifesto politico»: a lui pareva che il vero problema, da risolvere a raffiche di mitra, fossero i simpatizzanti di sinistra.

Secondo il ministero dell'Interno tedesco, in Germania sarebbero circa 13mila gli estremisti di destra «con una propensione all'uso della violenza». Un piccolo esercito diviso in gruppi diversi (neonazisti «tradizionali», ammiratori della «alt right» americana, il movimento dei Reichsbuerger e altri ancora) ma che hanno in comune la facilità a indottrinarsi, ad accedere alle armi e a imparare a usarle grazie a internet. Gente che cerca giustificazioni al proprio stupido amore per la violenza in teorie razziste che sono inquietanti ovunque si pretenda di applicarle, ma che in Germania per ovvie ragioni storiche costituiscono un problema più serio, e che fa giustamente paura a tutta l'Europa. E sarebbe ora che questa minaccia venisse gestita a Berlino con maggior consapevolezza e decisione.

Ora, è fin troppo facile attribuire la colpa di questo ritorno alle armi dell'estrema destra tedesca all'errore politico compiuto nel 2015 dalla cancelliera Merkel spalancando i confini a un milione di siriani. Quella scelta ha certamente spinto qualche milione di preoccupati elettori tedeschi ad abbandonare il suo partito centrista per affidarsi alla destra xenofoba dell'AfD, ma un conto è votare a destra e un altro è sparare addosso ai musulmani o agli ebrei. La verità è che il terrorismo islamico era purtroppo attivo in Germania anche prima del 2015, e che certi presunti giustizieri in nome del popolo agiscono a prescindere da ciò che dice o fa la Bundeskanzlerin. Questa è gente che ha sempre puntato al tanto-peggio-tanto-meglio, che vuole la guerra civile come bagno di sangue purificatore, un classico delirio dell'estrema destra da cent'anni a questa parte: per loro un musulmano vale un ebreo o un comunista o un globalista, l'importante è avere un pretesto per menare le mani e sentirsi qualcuno.

Si rivolgono nei loro proclami alla «nazione tedesca», ma come aveva ben notato Robert Conquest nel suo Il secolo delle idee assassine, della nazione tedesca a costoro non importa proprio nulla: è alla loro idea malata di nazione che pensano mentre si guardano allo specchio impettiti nelle loro divise da parata.

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