Cronache

Delitto Cerciello, spuntano altri veleni. Guerra di perizie sulle intercettazioni

Per la difesa traduzioni sbagliate. L'accusa: ammissioni di colpa

Delitto Cerciello, spuntano altri veleni. Guerra di perizie sulle intercettazioni

Roma - «Mi sono girato e ho visto due poliziotti, I saw two cops». «Sono venuti dietro a noi, alle nostre spalle. E la macchina militare era qui». Bank o tank? Cosa dice esattamente Lee Elder Finnegan al padre e al suo legale americano, Craig Peters, sulla notte maledetta in cui assieme all'amico Gabriel Natale Hjorth ha ucciso il brigadiere Mario Cerciello Rega? È guerra di perizie sulle parole esatte registrate durante un'intercettazione in carcere al 20enne statunitense e riportate sull'informativa inviata in Procura. Una versione che, tre mesi fa, suonava come una seconda confessione per gli indagati. Ottenuto l'audio, i legali di Finnegan e Hjorth traducono il dialogo in tutt'altro modo. I due studenti californiani hanno davvero scambiato i due carabinieri in borghese Mario Cerciello e Andrea Varriale per due malviventi, due mafiosi come sosterrebbe la difesa? Parlano dell'Unicredit di via Pietro Cossa, a Prati, come punto di riferimento o indicano con la parola tank l'auto dei militari?

Secondo gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra le trascrizioni del tecnico non sarebbero corrette, tanto da depositare in Tribunale una seconda versione dei dialoghi elaborata da un linguista che conosce il gergo di San Francisco, la città dei due imputati. Ancora. «When I called mom and told her... police station and they're saying I killed a cop». «Quando ho chiamato mamma e le ho detto (di trovarmi) alla stazione di polizia mi dicono di aver ucciso un poliziotto», oppure «Ho fatto la cosa sbagliata uccidendo un poliziotto?» Quale la corretta interpretazione delle parole dette in slang californiano? Una grave ammissione di colpa davanti ai familiari, oppure gli assassini sostengono ancora che i due carabinieri non hanno mostrato i tesserini, non si sono qualificati, e che sembravano picchiatori mandati da Sergio Brugiatelli, l'intermediario per l'acquisto della cocaina, a recuperare il suo zaino con documenti e telefonino? Ci vorrà una terza perizia per capire esattamente cosa ha detto il killer?

Certo è che, equivoco o meno, Cerciello è stato letteralmente massacrato di coltellate, undici fendenti secondo l'esame autoptico. «Se l'assassino si fosse fermato alla seconda coltellata si sarebbe potuto salvare», chiosano i colleghi della vittima. E alla vigilia della prima udienza la vedova, che si è sempre stretta in un grande riserbo, rilascerà alcune dichiarazioni. Lo spiega l'avvocato Massimo Ferrandino che sottolinea la dignità della famiglia Cerciello. «Non ha mai voluto partecipare ad alcuna trasmissione tivù, nonostante avesse avuto decine di inviti», spiega. La storia, drammatica, ancora oggi presenta lati oscuri. Di sicuro, però, Mario Cerciello Rega è morto dissanguato dopo essere stato colpito con un pugnale da guerra da un 19enne strafatto di alcol e droga mentre il suo collega cercava di bloccare l'amico che gli era saltato addosso. È la notte del 25 luglio, i due ragazzi vanno a Trastevere per cercare cocaina. Prendono una fregatura, aspirina al posto della coca, e per riavere i soldi rubano la borsa a un amico del pusher. Intervengono Cerciello e Varriale, vanno all'appuntamento con gli americani. Poi l'agguato. Il carabiniere sopravvissuto insiste: «Avevamo i tesserini, ci siamo qualificati».

Quando Elder sferra i primi colpi Cerciello urla: «Basta, siamo carabinieri».

Commenti