La destra coraggiosa

Coraggio è la parola chiave per capire il successo di Cameron alle elezioni in Gran Bretagna

La destra coraggiosa

Coraggio è la parola. La chiave per capire il successo di David Cameron alle elezioni in Gran Bretagna. Il coraggio di scelte impopolari che si trasformano in punti di Pil, il coraggio di avere un'idea liberale della società, della politica e dell'economia, il coraggio di portare avanti quell'idea. Ha stravinto, Cameron. Più di quanto probabilmente sperasse lui stesso e più di quanto gli attribuissero sia gli sballati sondaggi pre elettorali, sia una fama non particolarmente buona, anche da noi. E qui sta un punto fondamentale: non è il nuovo Messia della destra europea, il premier britannico. Il centrodestra italiano non commetta l'errore, fatto più volte dal centrosinistra, di innamorarsi e di scimmiottare ricette e leader stranieri (Zapatero, Hollande, Tsipras).

Nella vittoria di Cameron ci sono fattori che appartengono alla cultura e alla storia britannica non replicabili altrove. Però come fonte di ispirazione i suoi Tory valgono quanto i Repubblicani americani. C'è qualcosa che si può prendere da Londra: il coraggio, appunto. Declinato in una strategia chiara: meno Stato uguale più crescita. Cameron ha avuto cinque anni pieni per governare. Agevolato da un sistema elettorale e una cultura politica che permettono ai premier di fare il loro lavoro. Nel 2010 prese un Paese in piena crisi economica e cominciò a cercare di applicare la rivoluzione della Big Society: un programma di riforme che prevedeva la sostituzione del pubblico con il privato in diversi settori. Contestato da sindacati, opposizione e vescovi, quando scoppiarono i tumulti a Londra e in altre città con interi quartieri incendiati e saccheggiati, tutti diedero la colpa a quel programma. Lui lo confermò.

La crisi ha rallentato la costruzione della Big Society, ma la riforma del welfare state c'è stata e l'austerity pure: nessuno ha tagliato la spesa pubblica come lui. Ha ridotto i contributi ai ministeri, ha licenziato migliaia di statali, agli altri ha bloccato l'aumento automatico di stipendio, ha congelato i sussidi di disoccupazione. Miliardi e miliardi risparmiati e usati per incentivare le aziende private ad assumere (anche gli statali licenziati). Tutta roba di destra, molto inglese, ma applicabile anche da noi. Non solo: ha bloccato ogni ipotesi di aumento delle tasse e ne ha in previsione un calo nei prossimi mesi.

Il risultato è che la Gran Bretagna oggi ha la disoccupazione poco superiore al 5%, ovvero bassissima, ed è uscita dalla crisi in fretta: dei Paesi del G7 è quello con il Pil cresciuto di più negli ultimi quattro anni. Con l'Europa ha più volte alzato la voce, per fermare l'avanzata dell'Ukip, ma anche per mantenere la vocazione eurodiffidente di Londra: ha indetto un referendum in cui i britannici diranno se stare dentro o fuori l'Ue e questa è una straordinaria arma di pressione su Bruxelles. Ha neutralizzato l'arcivescovo di Canterbury: il leader della Chiesa anglicana lo bastonava, lui l'ha ignorato. Con un'idea: responsabilizzare la gente. Qualche giorno fa l'ultima riforma: a 55 anni gli inglesi possono scegliere se ritirare i contributi che hanno versato nella vita professionale.

È una possibilità, non un obbligo. Sono soldi loro. Ma se li ritirano non avranno la pensione. Niente di più liberale e giusto. Da noi non si può fare, dicono molti. Il perché lo sappiamo. E non è solo perché mancano i soldi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica