Al "dg" Malangone arriva puntuale l'avviso di garanzia chiesto dal Corriere

Nell'articolo-ordinanza di ieri anticipata l'iniziativa dei pm. Ma la cronaca dove va?

Al "dg" Malangone arriva puntuale l'avviso di garanzia chiesto dal Corriere
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Tra anticipare una notizia e far parte di questa notizia c'è una bella differenza, ed è la differenza che c'è tra avere una fonte in Procura o esserne i camerieri. Il caso del Corriere della Sera di ieri non si era mai visto: il coinvolgimento di Cristian Malangone nell'inchiesta sull'urbanistica (è il direttore generale del Comune, nonché braccio destro del sindaco Giuseppe Sala) non è stato preannunciato, ma tecnicamente invocato (se non provocato) dallo stesso Corriere, a meno che il cronista fosse già a conoscenza di un iscrizione a registro prima ancora che fosse formalizzata: il che, per la sorte di questo mestiere, è brutto uguale, e soprattutto non serve socialmente a niente se non far sembrare i cronisti giudiziari come degli strumenti inginocchiati dell'accusa.

Ma ricominciamo da capo. Ieri il simpatico Luigi Ferrarella, cronista murato vivo a Palazzo di Giustizia da oltre trent'anni, ha vergato un articolo di custodia cautelare che non sembrava neppure una cronaca (mancava la notizia) e pareva semmai un'ordinanza già bollinata che posto del timbro aveva il visto del capocronaca. Il collega, in pratica, ha assorbito a tal punto la gergalità giudiziaria da scrivere come se dovesse convincere un collegio: non raccontava, ma verbalizzava; non descriveva, ma notificava. "Se le parole hanno ancora un senso" scriveva, in premessa, prima di estrapolare delle parole di un atto precedente che avrebbero dovuto corrispondere, secondo l'ordinanza, pardon secondo l'articolo di Ferrarella, a un'iscrizione nel registro degli indagati per il citato Cristian Malangone. Non era indagato? Il Corriere spiegava come e perché doveva esserlo: in tribunale si chiamerebbe motivazione, in via Solferino l'hanno chiamata cronaca. Era scritto testuale: le parole di un certo atto precedente "devono pur corrispondere a una iscrizione nel registro degli indagati anche del direttore generale del Comune, Christian Malangone" peraltro "a Malangone non è stato sequestrato il telefono al momento degli arresti degli altri, sicché appare incontrovertibile la prospettazione accusatoria", scriveva il procuratore Ferrarella con linguaggio da mattinale. Morale: ieri pomeriggio eccoti la notizia che Malangone è indagato per induzione indebita sulla vicenda del Pirellino; il nome di Malangone compare in alcune chat con Giancarlo Tancredi e Manfredi Catella.

Anche il resto dell'articolo del Corriere, ieri, sembrava un atto in miniatura: elenco di chat, nomi, immobili, pratiche "ancora aperte" e "strettissimi contatti" fra protagonisti, questo prima della detonazione lessicale connessa al "rischio" che Malangone e altri "facciano sparire prove". Notare l'espressione "rischio", che è il totem per giustificare ogni misura cautelare e che, di norma, in un'ordinanza, annuncia "l'esigenza di evitare accordi illeciti" e il drammatico "allarme sociale" che ne seguirebbe; in questo caso ci sarebbe il rischio, con Tancredi e Marinoni in libertà, che possano accordarsi con Malangone per "far sparire prove". Stiamo citando dall'articolo, non dall'ordinanza: tanto sembrano scritti dalla stessa mano. E non conta che gip nel luglio scorso abbia già escluso provvedimenti contro Malangone: il Corriere ha rilanciato come un promemoria. Ma per chi? E' servito a qualcosa, socialmente, invocare o anticipare una notizia di un pugno di ore? Oppure è stato un altro chiodo sulla bara di un mestiere?

Infine, siccome ogni ordinanza ha un capitolo coi precedenti, sul Corriere si citava il processo Expo del 2015, che pure, per Malangone, si chiuse con un'assoluzione "perché il fatto non sussiste", ma pace: tanto ci si ricorda dell'imputato, non dell'assolto.

Il risultato finale è comunque un ibrido interessante: si "emette" un articolo e poi si attende il provvedimento, il terreno è preparato, dopodiché l'articolo va in stampa e il provvedimento va in copisteria perché sia letto da chi non è passato in edicola.

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