Politica

Il dietrofront di Bocchino: "Berlusconi imprescindibile per il centrodestra"

L'ex finiano, ora direttore del Secolo d'Italia, fa mea culpa anche sulla casa di Montecarlo: "In battaglia, difendi la tua parte a prescindere"

Il dietrofront di Bocchino: "Berlusconi imprescindibile per il centrodestra"

"Berlusconi è stato il grande rivoluzionario politico che ha creato il bipolarismo. Non è più quello di vent’anni fa. Ma la sua strategia è essere imprescindibile. Chiunque voglia rifondare il centrodestra deve fare i con lui". Italo Bocchino, ex braccio destro di Fini e attuale direttore editoriale del Secolo d'Italia, nel corso di un'intervista a Libero fa mea culpa sul suo recente passato politico.

"Il Pdl - spiega Bocchino a distanda di quattro anni dalla rottura - non funzionava come partito. Tanto che poi lo stesso Berlusconi è tornato a Forza Italia. Ciascuno ha vissuto a suo modo quel malessere. Noi nel modo più drastico". E ancora: "Ho riflettuto a lungo su quel difficile periodo. Ciascuno tirò fuori il peggio di sé. Con danno per il centrodestra e per le nostre singole immagini. La storia la scrivono i vincitori, i vinti fanno altro. Perduta la partita, ho preso atto che quella mia stagione è finita. Se insistessi, sarei patetico",dice con amarezza. Bocchino, col senno di poi, ammette:"Monti è stato una delusione per tutti. Ma qual era l’alternativa? Sospetto, in ogni modo, una manovra internazionale che, attraverso lo spread, mirava a cacciare Berlusconi. Lui ha pagato le scelte di politica estera in favore di Gheddafi e di Putin. Però aveva ragione: oggi in Libia è il caos e il gelo dell’Occidente con Putin è un danno per tutti". Dietrofont anche sulla vicenda della casa di Montecarlo: "In battaglia, difendi la tua parte a prescindere. Fu comunque vicenda assai triste utilizzata per colpire Fini. Un errore di opportunità commesso da Fini è stato trasformato nella sua Norimberga. C’è stata sproporzione tra l’errore fatto e la voglie di approfittarne per annichilire Fini".

Nessun ritorno, però, alla politica attiva "se significa candidarsi e avere ruolo di partito" perché "non è giusto, né opportuno".

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