nostro inviato a Rimini
La notte dell'orrore si fa più lunga. Non solo l'aggressione ai due ragazzi polacchi e lo stupro della transessuale peruviana. Ora salta fuori che i quattro criminali avevano già colpito la sera del 25 agosto, intorno alle 22 e in una zona più centrale della città. Avevano portato via i telefonini a un gruppo di ragazzi toscani che avevano provato a resistere e si erano presi una discreta dose di schiaffoni. Insomma, il raid era cominciato prima e la prova, inoppugnabile, è arrivata domenica con la cattura di Butungu: nel suo bagaglio c'era proprio uno dei cellulari portati via a uno dei giovani, oltre all'orologio rapinato al polacco.
Non è l'unica novità di un'inchiesta che si arricchisce di nuovi colpi di scena: la ragazza che il 12 agosto, due settimane prima, si era salvata in extremis dalle violenze di quattro sconosciuti, ha visto le foto di Butungu e ha chiamato gli investigatori a colpo sicuro: «È lui».
Anche altre persone, vittime di furti o rapine sulle spiagge della città, hanno contattato la questura perché convinte che ad agire siano stati loro, i quattro o alcuni dei quattro. Le immagini, riprese dalle telecamere e diffuse ora dai media, facilitano il lavoro dei detective che cercano di ricostruire tutti i colpi della gang.
In particolare colpisce l'imboscata tesa alla coppietta di Legnano la sera del 12 agosto. All'uscita dalla discoteca. Il quartetto era piombato sulle due vittime all'improvviso: lui era stato picchiato, le spinta contro un muro, graffiata, minacciata. Le avevano portato via i soldi, ma poi avevano tentato anche la violenza sessuale. Lei si era messa a gridare e questo l'aveva salvata, spingendo il branco ad allontanarsi. Già nei giorni scorsi la giovane aveva puntato il dito contro la banda: le facce, il colore della carnagione, l'eta', tutto coincideva fino alla virgola. Ora però il riconoscimento si fa granitico. «È lui», afferma la giovane dopo aver osservato il profilo di Butungu.
Quel che sconcerta sono le parole del congolese, dopo la cattura: «Io non so niente delle violenze. Dopo aver partecipato a una festa, avevo bevuto un drink e poi un altro, senza finirlo, e mi ero addormentato. Quando mi sono svegliato qualcuno mi ha proposto l'acquisto di un telefonino e di un orologio, probabilmente rubati».
Spiegazioni che fanno acqua da tutte le parti e paiono surreali, anche perché lui stesso si riconosce, come del resto i tre minorenni, nei fotogrammi catturati dalle telecamere. E dunque il tentativo di attenuare le proprie colpe appare quantomeno confuso. Cosi pure la linea scelta dai tre minorenni sembra assai difficile da sostenere: il nigeriano sedicenne e i due fratelli marocchini scaricano sul presunto capobranco. «Noi la tenevamo ferma - hanno messo a verbale i fratelli ricostruendo le violenze sulla peruviana - ma era Butungu a violentarla». Certo, ammettono qualcosa: palpeggiamenti e, forse, un rapporto orale. Ma poi glissano sugli aspetti più truci della vicenda. E però la polacca e la trans ripetono a loro volta che tutti e quattro avevano preso parte alle violenze.
Fra oggi e domani il gip di Rimini e quello del tribunale dei minori dovrebbero convalidare i fermi. Gli elementi raccolti sono impressionanti ed è difficile immaginare che il palleggio di responsabilità possa alleggerire davvero qualche posizione.
Anzi, la collaborazione dei cittadini che chiamano le forze dell'ordine fa pensare il contrario: il quadro complessivo potrebbe aggravarsi, con la scoperta o l'attribuzione di altri crimini.Anche per questo, forse, Butungu ha tentato una fuga impossibile e per stanarlo gli investigatori hanno messo sotto controllo 12 cellulari che erano nella sua disponibilità o erano passati per le sue mani.
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