«Non saranno due scemotti incappucciati a mandare a quel paese il lavoro delle nostre vite e tutti i momenti formidabili vissuti con chi ha finito per soccombere. Non saranno loro a vedere crepare Charlie. È Charlie che li vedrà crepare». Un milione di copie stampate nel primo anniversario della strage del 7 gennaio a Parigi. E Laurent Sourisseau, in arte «Riss», provoca un nuovo putiferio con l'ennesima copertina dissacrante e un editoriale-manifesto che sono insieme uno schiaffo al fanatismo religioso e un inno alla laicità. È il frutto della «rabbia» - così la chiama Riss quasi evocando Oriana Fallaci - accumulata dopo ventitré anni di attività in cui «fanatici abbrutiti dal Corano, ma anche baciapile venuti da altre religioni, ci auguravano l'inferno al quale credono, per aver osato ridere della religione» e «speravano che ci facessimo uccidere».
Con questa rabbia, diretta anche agli «intellettuali inaciditi», ai «cronisti insipidi» e ai «giornalisti gelosi», il settimanale satirico Charlie Hebdo torna domani con un numero speciale la cui copertina, ancora prima di approdare in edicola, unisce in un colpo solo i vertici dei fedeli islamici e cristiani di Francia in una corale riprovazione espressa dal Consiglio del culto musulmano e dalla Conferenza episcopale. D'altra parte la prima pagina di Charlie Hebdo è un altro schiaffo a benpensanti e bigotti, l'ennesima risata amara di fronte all'estremismo religioso, di qualunque natura. In copertina stavolta c'è un Dio dalle sembianze più cristiane, ma con barba e sandali, in testa un cappello con l'occhio racchiuso nel triangolo (quello divino della Provvidenza che tutto vede), in spalla un kalashnikov e addosso una tunica insanguinata, unica nota di colore di una divinità molto poco divina e molto più terrena, in fuga, sotto il titolo poco ottimista: «Un anno dopo. L'assassino corre ancora», a piede libero. L'immagine è figlia della matita del caricaturista diventato direttore dopo aver assistito alla mattanza di otto colleghi, tra cui il predecessore Charb, uccisi brutalmente insieme ad altre quattro persone nell'assalto jihadista del 7 gennaio 2015. Da allora Riss ha i segni di una fucilata sulla spalla, vive sotto scorta, ed è al centro di una fatwa.
Ma non demorde: «Non abbiamo mai avuto tanta voglia di spaccare la faccia a tutti quelli che hanno sognato la nostra sparizione». Riss ricorda i problemi economici vissuti dal giornale nei suoi anni di attività, quando si lavorava «con l'idea che tutto potesse finire da un giorno all'altro», anche a causa «dell'iniziativa dei catto-fanatici» che lo hanno trascinato in tribunale una dozzina di volte. Ma la svolta arriva nel 2006, con le caricature di Maometto. «Nessuno pensava seriamente che un giorno tutto ciò sarebbe finito nella violenza. Non era pensabile nel XXI secolo, in Francia, una religione uccidesse dei giornalisti. Vedevamo la Francia come un'isoletta laica dov'era possibile cazzeggiare, disegnare, divertirsi, senza preoccuparsi dei dogmi, degli illuminati». Fino al 7 gennaio. Un mese prima «domandavo a Charb se la sua scorta avesse ancora un senso. La storia delle caricature era già passato». E invece «la religione non conosce tempo. Non conta in anni o in secoli, perché non conosce che l'eternità. È l'eternità che ci è piombata addosso quel mercoledì 7 gennaio».
Dopo che i kalashnikov colpiscono anche lui, Riss si ritrova a terra, in un silenzio raggelante. «Con i piedi tiravo la sedia dove cinque minuti prima era seduto Charb, per mettere le gambe in alto come avevo imparato alle lezioni di pronto soccorso. Quando un pompiere mi ha aiutato ad alzarmi, ho fatto di tutto per non girare la testa, per non vedere i morti di Charlie». «Il 2005 è stato l'anno più terribile di tutta la storia di Charlie Hebdo perché abbiamo subito il peggior supplizio per un giornale d'opinione: mettere alla prova le nostre convinzioni». E il 2016 ricomincia con l'affondo del Consiglio francese del culto musulmano, che definisce il suo disegno «mediocre»: «Questa caricatura colpisce tutti i credenti delle diverse religioni. Non mi riconosco in questa immagine, che non aiuta in un momento in cui abbiamo bisogno di ritrovarci fianco a fianco».
Poi i vescovi di Francia, che dicono di non voler commentare, ma si chiedono: «È il genere di polemiche di cui la Francia ha bisogno?». Riss e quel che resta dell'équipe di Charlie Hebdo rispondono con nuove vignette: «Le convinzioni degli atei e dei laici possono spostare più montagne che la fede dei credenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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