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Diodato esalta la "decadenza" di Taranto e diventa il paladino della decrescita felice

Il trionfatore di Sanremo: sono vicino a chi lotta contro l'Ilva. E i social lo incoronano

Diodato esalta la "decadenza" di Taranto e diventa il paladino della decrescita felice

I l finale della ballata dell'Ilva e di Taranto non è ancora scritto, ma ci sono tutte le premesse perché sia una canzone triste. E ora c'è un nuovo interprete che si candida a intonarla: il successo a Sanremo sta illuminando la biografia di Diodato, facendone riscoprire le radici tarantine. E poiché in Italia sono rari gli artisti che si possono permettere di emergere solo per le proprie opere senza connotarsi per un impegno politico, ecco che anche Diodato ha subito tirato fuori il suo bagaglio di giovane guerrillero per l'ambiente della sua città. Ovviamente in contrapposizione alla fabbrica che le ha fornito sostentamento per tanti anni, l'Ilva appunto.

E mentre lo stabilimento si avvia al declino sospinto da un incrocio di nefandezze politiche, mediatiche e giudiziarie che racconta tanto del nostro declino come Paese, è stato proprio Diodato, nel momento del trionfo, a calcare la mano sul suo background anti-Ilva, dedicando la sua vittoria a Taranto, descritta come vittima della fabbrica: «Lì c'è tanto bisogno di fare rumore (parafrasa il titolo della sua canzone, Fa rumore, ndr) di farsi sentire. La vittoria è per tutti coloro che lottano ogni giorno in una situazione insostenibile».

Diodato è nato ad Aosta, ha costruito la sua carriera tra Roma e Stoccolma, e vive a Milano, ma per un periodo ha abitato a Taranto e ci torna, apprezzando «questa decadenza che mi piace un sacco» e «l'energia della città vecchia dove passeggio di notte»: «Mi sento un nomade che solo qui trova l'imbarazzo e la certezza di tornare a casa». Nei suoi ritorni a Taranto si chiede «come faccia a convivere tanta bellezza con tanta bruttezza», che ovviamente è quella dell'acciaieria. Diodato è anche tra i direttori artistici di «Uno maggio - Taranto libera e pensante», la manifestazione musicale nata dopo i primi sequestri all'Ilva da parte della magistratura, quelli che hanno sì sollevato la questione controversa dell'inquinamento ambientale, ma hanno anche iniziato ad avvitare la questione, spingendola verso l'imbuto di contraddizioni in cui si trova incastrata ora.

L'associazione di genitori che lotta per il riconoscimento del legame tra l'inquinamento e le terribili malattie sofferte dai figli è stata tra le prime a celebrare la vittoria di Diodato, con un tweet in cui parla di «riscatto», di «anni di buio e invisibilità spazzati via». E i politici locali, gli stessi che hanno cavalcato una peculiare forma di populismo anti-industriale senza rinunciare a giocare su posizioni ambigue, hanno subito capito l'antifona. Anche il governatore della Puglia Michele Emiliano ha subito salutato la vittoria di un «figlio di Taranto». E il sindaco della città, come ha raccontato Taranto Buonasera, ha fatto suonare in filodiffusione per le strade il brano vincitore del Festival.

Ieri il Fatto quotidiano ha subito fornito la cornice ideologica, pubblicando un ritratto-colloquio con il cantante in cui la musica passa sullo sfondo, mentre in primo piano c'è la battaglia contro Ilva. Tra le righe ci è scappato anche un endorsement per il premier certamente non sgradito al quotidiano di Travaglio: «A Conte abbiamo proposto soluzioni alternative, vedremo. Quelli che lo hanno preceduto sembravano più impegnati ad evitare di pestare merde sul loro cammino». E pazienza se la merda più grossa di tutte, il pasticcio sullo scudo penale che ha innescato la fuga di ArcelorMittal e l'interruzione degli investimenti, inclusi quelli per il risanamento ambientale della fabbrica, lo hanno pestato proprio i due governi Conte.

Dettagli, mentre Taranto si avvia a un futuro di assistenzialismo.

Che almeno non guasterà le passeggiate di Diodato, quando tornerà da Milano per farsi una gita.

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