"Disastro senza precedenti. Ma non finirà all'italiana"

Il procuratore di Genova: era un pezzo della nostra identità, è come se mi avessero amputato un braccio

"Disastro senza precedenti. Ma non finirà all'italiana"

nostro inviato a Genova

Il ruolo gli impone una certa freddezza, ma Francesco Cozzi, procuratore della Repubblica di Genova, non si nasconde dietro la toga: «Per noi che siamo nati e cresciuti in questa città, il ponte Morandi era un pezzo della nostra identità. È come se mi avessero amputato un braccio, è come se, tornando a casa per una via tortuosa, non trovassi più la porta d'ingresso».

Il ponte Morandi era la cerniera fra Levante e Ponente.

«Per i genovesi era eterno».

Ma le polemiche erano all'ordine del giorno da anni.

«Occorre distinguere i piani. Era eterno nella nostra percezione come tutti i simboli. Come la Lanterna. Poi c'erano i lavori di rattoppo, eterni pure quelli, che duravano da venti o trent'anni. Però architettonicamente il ponte era ben fatto».

Si discute sulle cause del disastro: errori di progettazione e realizzazione dell'opera negli anni '60 o mancata manutenzione oggi?

«I ragionamenti degli esperti proseguono in queste ore».

Le con chi si schiera?

«Io devo capire».

E come farà per capire?

«Domani (oggi per chi legge, ndr) nomineremo i periti che dovranno studiare le cause di questo immane disastro».

Quanti saranno?

«Non glielo posso dire. Di sicuro non sarà uno e non saranno molti. Ed è certo che la parte ingegneristica sarà preponderante. Ci saranno ingegneri molto qualificati. Daremo loro quesiti stringenti, con la preghiera di rispettare i tempi che saranno ragionevolmente celeri».

Non finirà all'italiana come quelle indagini che si perdono in mille analisi, mille filoni, mille ipotesi?

«No, daremo le risposte che tutto il Paese si attende. La procura in questi anni ha condotto indagini importanti su disastri ambientali nel nostro territorio e non si è smarrita nella foresta delle leggi, dei pareri e delle responsabilità frammentate».

Qui siamo oltre.

«Si, è un disastro senza precedenti, ma faremo tutto quello che è necessario. Poi, certo il tempo va a braccetto della qualità. Potremmo pure chiudere a razzo una sorta di inchiesta lampo ma temo che non arriveremmo ad alcuna conclusione».

Per che reati procedete?

«Il più grave è l'omicidio colposo plurimo che prevede pene fino a 15 anni; poi c'è il disastro colposo per il crollo e l'attentato alla sicurezza dei trasporti perché sul ponte circolavano i mezzi pubblici».

L'omicidio stradale?

«Si applica a chi abbia violato le norme del codice della strada però secondo alcuni potrebbe riguardare anche le prescrizioni sulla sicurezza. Vedremo, è un'eventualità da studiare».

Poi ci sono le case sotto il ponte. Aprirete un fascicolo anche su questo?

«Le case sono preesistenti al Morandi e il Morandi è degli anni Sessanta quando il piano di sviluppo prevedeva una Genova da oltre un milione di abitanti. Un'altra epoca, aprire un fascicolo ora servirebbe solo a guadagnare qualche titolo in prima pagina».

Nel 2012 il Presidente di Confindustria di Genova Giovanni Calvini era stato profetico: «Fra 10 anni il Morandi crollerà». Una sparata o aveva elementi certi?

«Oggi lui minimizza e dice che la sua fu una provocazione. Però è vero: nel parlato collettivo c'è sempre stata ansia per le sorti del ponte Morandi».

Un aiuto potrebbe arrivare dai video che documentano il momento del crollo?

«L'acquisizione di questi video è in corso. Quel che ho visto finora non è di grande aiuto. Però alle due estremità del ponte c'erano due webcam che dovrebbero aver ripreso quel che è successo, speriamo siano utili».

Il Governo ha dichiarato guerra al

concessionario Autostrade per l'Italia.

«Il Governo ritiene di non poter aspettare i risultati del nostro lavoro. È una scelta della politica ma quel che fa la politica non deve riguardare in alcun modo il nostro lavoro».

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