Silvio Berlusconi ribalta il trend. Se la tendenza delle ultime settimane era quella di provare a blandire il presidente di Forza Italia per metterlo in difficoltà con gli alleati di centrodestra, questa volta è Berlusconi a usare questo schema. Il Cavaliere, in una intervista con Qn, imbraccia la spada nei confronti dei Cinquestelle e il fioretto con Giuseppe Conte, con l'obiettivo di allargare le distanze tra il premier e il partito a lui più vicino.
«Il professor Conte ha uno stile diverso, più cultura e più garbo di molti dirigenti dei Cinquestelle. Non credo tuttavia li abbia mutati davvero. È piuttosto abile a usarli soprattutto per la sopravvivenza del governo. Però i grillini non hanno cambiato il loro Dna. Salvo eccezioni rimangono un partito senza cultura, senza idee, senza un programma che non sia fatto di invidia sociale, di pauperismo, di giustizialismo. Il linguaggio dell'odio mal si concilia con un' attività di governo». Insomma Conte ha fatto bene la sua parte in Europa - «anche se la decisione è dipesa soprattutto dalla lungimiranza della cancelliera Merkel» - ma purtroppo è espressione di M5S.
Berlusconi usa la stessa tattica del bastone e della carota con Matteo Renzi. «C'è una cosa che non riesco a capire come può un leader politico come Renzi, che tante volte si è dimostrato lucido, brillante, convincente, continuare ad assicurare la sopravvivenza del governo delle sinistre, un governo non in grado di risollevare il Paese dalla crisi, un governo le cui scelte sono determinate in buona parte dai Cinquestelle?». In sostanza il riconoscimento di qualità politiche che non ha mai disconosciuto, accompagnato però da una stoccata su scelte politiche evidentemente troppo difensive e mirate alla sopravvivenza. In questo gioco di blandizie incrociate per Berlusconi arriva anche un attestato di stima da parte di Nicola Zingaretti che svela una telefonata avuta con l'ex premier (circa un mese fa) e aggiunge che il leader azzurro «ha avuto una posizione molto matura durante l'emergenza sanitaria»
Berlusconi, insomma, tesse la sua tela moderata, definisce gli interlocutori del dopo-Conte, ma non cade nella trappola di chi lo vorrebbe staccare dal centrodestra: «Una alleanza con Italia Viva, Azione di Calenda e +Europa è fantapolitica, basta guardare i numeri. I partiti di centro-destra sono all'opposizione con lealtà reciproca, e ciascuno con il suo stile, i suoi contenuti, i suoi valori. L'importante è che tutto questo confluisca in un buon progetto per far ripartire il Paese». Berlusconi - che finora non ha avuto contati telefonici con Conte sullo scostamento di bilancio, forse i due potrebbero sentirsi lunedì - ribadisce che le elezioni sarebbero «la via maestra». Se questo non avvenisse, spiegano gli azzurri, Forza Italia potrebbe partecipare a un governo di unità nazionale, ma solo se la decisione fosse condivisa da tutto il centrodestra. Un ancoraggio confermato anche nella scelta del modello di legge elettorale, condiviso con gli alleati, di stampo maggioritario. Servirebbe, però, un'altra alchimia, una discontinuità, un premier all'altezza e la partecipazione della Lega. È chiaro che la vera deadline adesso sono le Regionali, un appuntamento che potrebbe contribuire a una svolta e a un governo senza i Cinquestelle, o almeno buona parte di loro.
Un esecutivo per il quale circola, come sempre, il nome di Mario Draghi, anche se qualcuno sussurra anche quello di Lorenzo Guerini, figura che potrebbe indossare le vesti del Gentiloni di questa legislatura, con una forte credibilità, ma non in grado di impensierire i leader.
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