Disordini a Napoli: "Ridateci il reddito". E l'opposizione soffia sul fuoco

Cobas e disoccupati organizzati in piazza inneggiando a Conte: «A settembre a Roma»

Disordini a Napoli: "Ridateci il reddito". E l'opposizione soffia sul fuoco
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Blocchi stradali, traffico in tilt, scontri con le forze dell'ordine, tentativo di irruzione in autostrada per occupare la rampa di immissione: basta poco (nemmeno trecento persone, ma ben pilotate) per gettare nel caos una città come Napoli. In nome della difesa del reddito di cittadinanza.

La manifestazione andata in scena ieri nel capoluogo campano, una delle città saldamente in testa alla classifica dei percettori della misura drasticamente modificata dal governo Meloni, era tutt'altro che spontanea o di massa. Poche centinaia di persone, e sigle ben note a promuoverla: gruppetti «antagonisti», Cobas, «Disoccupati 7 novembre» (eredi dei vari «disoccupati organizzati» che a Napoli, da un cinquantennio, animano piccole sommosse locali reclamando sussidi pubblici, e su cui spesso si sono allungate ombre di contiguità con la malavita), sinistra radical, ex parlamentari grillini di chiara fama come Paola Nugnes. «Reddito universale» e «Il Sud si ribella» gli slogan sugli striscioni, «Conte-Conte» il nome più invocato dai manifestanti. Che promettono di rifarsi vivi a Roma, a fine settembre, in una «manifestazione nazionale» contro «la guerra ai poveri» del governo Meloni.

Nessun partito nazionale mette il proprio timbro sui disordini napoletani di ieri. Ma non c'è dubbio che una parte dell'opposizione scommetta elettoralmente sul malessere sociale che il draconiano taglio del sussidio deciso dal governo di centrodestra sta provocando, soprattutto nel Meridione. A Napoli e in Campania governa il centrosinistra - con un sindaco e un governatore che arrivano dalle file Pd - ma è soprattutto il M5s di Giuseppe Conte a sperare di far cassa, sia alle Europee che alle prossime Regionali. Non a caso, uno dei più animati nel denunciare lo scempio, riecheggiando alcuni slogan dei manifestanti di ieri, è stato Roberto Fico, l'ex presidente della Camera - ora disoccupato - che punta (con l'appoggio di un maggioritario pezzo di Pd) alla poltrona di presidente della Regione Campania: «Il provvedimento di abolizione del RdC è scellerato - ha tuonato - è un attacco al Sud che non tiene conto delle difficoltà in cui versano e vivono (versare è diverso da vivere, ndr) tante persone qui a Napoli, e nel paese. Dobbiamo ribellarci a un'idea culturale per cui si attaccano la povertà e la difficoltà e uscire dal paradigma idelogico della destra, per cui chi prendere il reddito è un fannullone»

. Certo son lontani i tempi in cui Giuseppe Conte e i suoi prodi si vantavano di aver «abolito la povertà». Quell'abolizione - che dopotutto risale ad appena cinque anni fa - è durata giusto un attimo: appena uscito lui da Palazzo Chigi (lasciandosi alle spalle un'Italia paralizzata dalla pandemia e un disastroso crollo dell'economia, assai maggiore che negli altri paesi) grillini, Cgil e parte della sinistra hanno iniziato a denunciare la vertiginosa e improvvisa crescita della miseria in Italia. Ora dall'opposizione si fa a gara a prevedere un «autunno caldissimo» e una «bomba sociale» dopo che la premier Meloni, denuncia Elly Schlein «ha smantellato l'unico strumento di protezione sociale con una mano, offrendo una mancetta da 1 euro al giorno con l'altra: una cifra che insulta la dignità delle persone».

Alla testa delle truppe tenta ovviamente di collocarsi l'immancabile Maurizio Landini, che ha già convocato uno scioperone preventivo anti-Finanziaria e che invoca, oltre alla difesa tout court del RdC, due misure salvifiche: tasse patrimoniali e abrogazione del «folle Jobs Act», ossia l'ultima seria riforma del mercato del lavoro.

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