Dollari a chili e ville sull'oceano: la dolce vita del narcos italiano

Nicola Assisi era tra i 100 latitanti più pericolosi e il più grande «broker» della cocaina per conto della 'ndrangheta

Dollari a chili e ville sull'oceano: la dolce vita del narcos italiano

San Paolo - Un appartamento stile Hollywood a due passi dall'oceano sul lungomare Aviazione, dotato di telecamere di ultima generazione in grado di controllare a 360 gradi quello che accadeva fuori. Era in questo esilio dorato che si era trincerato l'uomo chiave della ndrangheta in Sudamerica, quel Nicola Assisi che arrestato l'altroieri con il figlio Patrick - insieme occupavano tre sontuosi attici con piscina - era considerato a tutti gli effetti il broker della cocaina numero uno della mafia calabrese in Brasile.

Per le autorità verdeoro - che hanno soprannominato l'operazione «Barone Invisibile» e che hanno collaborato a stretto braccio con i carabinieri di Torino e l'Interpol - il 40% della polvere bianca che arrivava in Europa lo faceva proprio grazie al lavoro meticoloso di Nicola che movimentava con estrema facilità tonnellate di droga provenienti da Perù, Bolivia e Colombia.

Non è dunque un caso che il rifugio dorato di Nicola e il figlio si trovasse proprio sul litorale paulista, a Praia Grande, a pochi km da quel porto di Santos diventato ormai il nuovo hub per il traffico di cocaina dall'America Latina in Europa. In questo «casa e bottega» sui generis Assisi era riuscito a mettere in piedi anche un fiorente sistema di riciclaggio creando una serie di imprese di facciata legate nel settore edile. In casa gli hanno trovato tre pistole, 800mila reais in contanti, l'equivalente di circa duecentomila euro e venti chili (gli agenti li hanno pesati prima di contarli). E poi 20mila dollari e quasi cinque chili di cocaina purissima. Il tutto in una stanza bunker ricavata nel soffitto, in pieno stile Pablo Escobar. In garage, poi, varie auto a dimostrazione di come si muovesse senza paura di essere scoperto, nonostante da tempo la polizia brasiliana avesse cominciato a stringere il cerchio su personaggi come lui e quel Rocco Morabito, altro boss della ndrangheta, fuggito a giugno da un carcere di Montevideo in Uruguay e, probabilmente, rifugiatosi anche lui in Brasile.

Quanto a Nicola Assisi, 61 anni, figurava nella lista dei cento ricercati italiani più pericolosi. Anche la Dea statunitense da tempo era sulle sue tracce. Nel 2007 era stato condannato a 14 anni e 4 mesi di reclusione nell'ambito del processo Elianto, pena mai scontata nonostante un arresto ai domiciliari a Lisbona nel 2014 da cui Nicola si era poi dileguato. Le autorità locali pensano che in questi anni padre e figlio abbiano viaggiato tranquillamente usando documenti falsi in tutto il paese. In casa in Brasile è stato trovato un passaporto argentino falso e una scheda elettorale verdeoro. A proposito dell'arresto dei due Assisi, secondo il capo della sede di San Paolo della Polizia federale «si tratta di un tassello importante che spiega altre investigazioni in corso sul traffico internazionale di droga del cui schema i due appaiono responsabili».

In particolar modo sotto la lente degli agenti sono finiti non solo il porto di Santos ma anche quello di Paranaguá, nello stato del Paraná dove tra gennaio e giugno scorsi sono state sequestrate 7,2 tonnellate di cocaina.

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