Domani arrivano i primi soldi. Ma l'aiuto sarà in due rate

Confermata ai Comuni l'erogazione dei buoni spesa. Il resto del denaro in tranche a maggio e ottobre

Domani arrivano i primi soldi. Ma l'aiuto sarà in due rate

«Hanno fatto credere che ci sia una montagna e invece non c'è neanche il topolino». Il commento del sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, al decreto della Presidenza del Consiglio che anticipa i 6,6 miliardi del Fondo comunale di solidarietà è indicativo della portata del provvedimento. Annunciato dal premier Conte e dal ministro dell'Economia Gualtieri come una misura che avrebbe dovuto evitare l'assalto ai forni di manzoniana memoria, in realtà cambia poco.

Il testo, infatti, prevede che il Fondo di solidarietà comunale per il 2020, pari a 6,2 miliardi circa, sia integrato di 332 milioni «derivanti dall'ulteriore quota dell'Imu di spettanza dei Comuni», di cui «250.000.000 già iscritti in bilancio». In base a quanto previsto il 66% (4,3 miliardi) sarà consegnato ai Comuni entro maggio come anticipo per far fronte alle difficoltà economiche dovute all'emergenza coronavirus, mentre il restante 34% sarà erogato a ottobre.

Questi soldi andranno tutti a ristorare le famiglie sul lastrico a causa dell'impossibilità di lavorare? Purtroppo no. Si tratta delle risorse che i Comuni incassano ogni anno tramite Imu e Tasi che, essendo state rinviate, vengono anticipate da parte dello Stato centrale. Ma questo denaro serve per pagare gli stipendi degli impiegati comunali, per la manutenzione di scuole e asili, per tappare le buche sulle strade. Una parte, ovviamente, viene destinata ai servizi sociali ma sulla base del bilancio di previsione del singolo Comune. «Se queste risorse in questa fase vengono utilizzate per far fronte all'emergenza coronavirus nei territori, debbono per forza di cose essere rifinanziate», ha dichiarato il vicepresidente dell'Anci, Roberto Pella. Dunque, il rischio è che qualche impiegato diventi egli stesso un soggetto a rischio povertà. Ecco perché Pella ha sottolineato che sarà necessario almeno un miliardo.

Quale stanziamento dovranno, perciò, usare i sindaci per dare un aiuto a chi non ha disponibilità per acquistare i generi di prima necessità? I 400 milioni di euro devoluti tramite un'ordinanza della Protezione Civile e che saranno allocati entro domani per finanziare i «buoni spesa» in modo da sopperire alle necessità alimentari di coloro che sono rimasti senza reddito e non hanno risparmi. L'emergenza alimentare. L'80% del fondo sarà distribuito in base alla popolazione residente e il residuo 20% si concentrerà nelle aree più povere del Paese sulla base dello scarto (cioè la differenza) fra il reddito pro capite del Comune e il reddito medio pro capite nazionale.

L'ordinanza non ha indicato il valore del buono. Secondo alcune proiezioni, ci si dovrebbe avvicinare a una media di 400 euro a testa (per un milione di nuclei familiari interessati) per superare questa fase drammatica in attesa delle nuove provvidenze che saranno stabilite con il decreto che Conte e Gualtieri vareranno ad aprile. Nel frattempo, i Comuni potranno modulare le risorse disponibili sulla base delle effettive necessità. Ma anche qui la burocrazia si metterà di traverso perché il fornitore dei buoni spesa (tipo i ticket che si usano in bar, ristoranti e supermarket) dovrà essere individuato sebbene si possa derogare all'obbligo di appalto.

Poi, i sindaci e i loro assessori dovranno individuare materialmente i destinatari. La Basilicata del governatore di centrodestra Vito Bardi ha fatto da sé, rispolverando la social card del governo Berlusconi e battendo sul tempo i plantigradi del Palazzo.

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