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"Dire 'una donna al Quirinale' è offensivo. Serve il merito"

Gli appelli per una "donna al Quirinale" non convincono tutte le professioniste del Belpaese. L'opinione dell'avvocato Alessandra Cagnazzo

"Dire 'una donna al Quirinale' è offensivo. Serve il merito"

"Una donna al Quirinale" è il nome di un appello che molti intellettuali italiani, uomini e donne, stanno promuovendo, ma anche uno dei leit motiv della corsa al Colle di questo inizio 2021. Non tutte le donne, anche tra le professioniste, ne fanno però una questione di genere, anzi. L'avvocato Alessandra Cagnazzo, nota matrimonialista, ritiene che l'elezione del capo di Stato (e non solo quella) non debba dipendere dalle quote rosa.

Avvocato Cagnazzo, lei sostiene che "è tempo di una donna al Quirinale" sia una frase offensiva...

"Sì, per me lo è. Non vorrei mai essere eletta Presidente della Repubblica grazie all’accorato appello di altre donne che inviti al rispetto delle quote rosa. I nomi che sono stati fatti sono i nomi di donne di altissima statura che non hanno alcun bisogno di essere favorite per ragioni legate al sesso. Possibile che questo non sia chiaro a tutte? Il punto è che, donne come Rosy Bindi, Marta Cartabia, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, Paola Severino, per citarne alcune, non solo hanno tutte le qualità per ricoprire un ruolo, che è stato nel passato riservato a uomini di altrettanto valore, ma anche tutto il diritto di arrivarci senza alcuna corsia preferenziale. Perché questo ne sminuirebbe inevitabilmente il valore. Non abbiamo bisogno di essere elette in quanto donne o di essere favorite per le diseguaglianze che abbiamo subito nella storia. E fino a che questo concetto non sarà metabolizzato da tutti, non ne usciremo".

Anche perché questa storia della "donna al Colle" sembra un modo di certi partiti per prendere tempo...

"Possibile che sia così ed in tal caso, l’annosa lotta a favore di una cultura basata sulla parità fra i generi e sul rispetto dei diritti delle donne avrebbe accusato un tremendo contraccolpo".

Il presidente della Repubblica ha un ruolo chiave rispetto alla Giustizia italiana. Più che di una "donna", forse, c'è bisogno di una pacificazione nazionale tra politica e magistratura. Che ne pensa?

"Nel nostro ordinamento, il Parlamento fa le leggi, il Governo ne cura l’esecuzione e la Magistratura ne accerta e ne sanziona le illegalità. Il Presidente della Repubblica è quel filo rosso che affascia queste tre funzioni, facendo in modo che tutte mantengano un’etica forte ed il rispetto dei valori fondamentali della nostra Costituzione. Non c’è bisogno di una "donna", ripeto. E lo dico con tutto l’orgoglio che ho di essere una donna, una professionista ed una madre. C’è bisogno di una "persona" che sappia essere ago della bilancia fra i poteri, assicurando che ciascuno si assuma le responsabilità del proprio operato".

In ogni caso, tante intellettuali italiane hanno scritto e firmato un appello per "una donna al Quirinale". Non le sembra un'operazione di facciata?

"Per quanto io stimi la maggior parte di queste intellettuali, ho trovato imbarazzante per noi donne la ragione stessa dell’appello. "Una donna al Quirinale" sbaglia la sua stessa premessa. Se vogliamo lavorare veramente ad una rivoluzione culturale che parta dalla formazione delle nuove generazioni e le forgi all’insegna del riconoscimento delle diversità di genere per una parità sostanziale fra i sessi, bisogna spostare il focus della loro attenzione sul merito e solo su questo".

C'è un tema legato al merito che per lei è imprescindibile.

"Quando ero ancora un giovanissimo avvocato, già impegnata nella difesa dei diritti delle donne, delle persone e della famiglia, un mio Collega un giorno mi disse: "In Italia gli avvocati più accreditati nel nostro settore sono tutti uomini, cara Alessandra. Devi accettarlo". Io non ho mai accettato che l’appartenenza ad un determinato sesso potesse determinare un maggiore riconoscimento dei propri meriti professionali. E questo mi ha ripagata".

Qual è, per la Cagnazzo, la strada attraverso cui le donne italiane dovrebbero conquistarsi i vertici istituzionali?

"Una nota politica canadese, Charlotte Whitton, prima donna della storia ad essere eletta sindaco della città di Ottawa, in una sua celebre frase disse: "Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile". Le donne italiane per conquistare i vertici istituzionali devono continuare a lavorare per una parità dei generi che si traduca nel reciproco riconoscimento delle diversità, difendendo a spada tratta la propria dignità. Non vogliamo sconti. Noi non siamo uguali agli uomini e neppure vogliamo esserlo.

Ma siamo altrettanto brave".

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