Milano Stimano gli analisti di McKinsey che la parità di genere può valere il 26% del Pil mondiale, pari a 12 trilioni di dollari di ricchezza globale in più entro il 2025. L'impatto economico dipende da diversi fattori, attualmente sbilanciati a favore degli uomini, che verrebbero riportati in equilibrio: il tasso di occupazione femminile, la differenza retributiva, la presenza di donne nelle posizioni di vertice nelle aziende (e non solo lì), il lavoro in casa non pagato svolto nel 75% dei casi da donne. Le differenze tra Asia, Africa, e dall'altra parte America del nord ed Europa sono enormi. Ma anche nel vecchio continente le performance dei diversi Paesi sono molto difformi. Se si guarda al mercato del lavoro, la media Ue di donne occupate è del 61,4% contro il 71,9% degli uomini.
L'Italia, però, si piazza in fondo alla classifica, insieme alla Grecia: le donne occupate in Italia sono il 48,1% e in Grecia il 43,3%. Un altro gruppo di paesi è tra il 50-60%: Belgio 58,1%, Spagna 54,3%, Cipro 59%, Irlanda 59,5%, Malta 52,6%, Romania 53,3%, Slovacchia 58,3%. Se si guarda alla divisione per ruolo, i dirigenti uomini sono il doppio rispetto alle donne, mentre la presenza femminile negli organi amministrativi è diventata significativa soltanto a partire dalla legge Golfo-Mosca del 2011, che ha introdotto una quota di genere del 30% (da raggiungere entro il 2020) nei Cda e nei collegi sindacali delle aziende quotate e delle aziende pubbliche.
Per recuperare «non serve una rivoluzione, bisogna investire nel talento delle donne superando tre gap: il digital gap, il diverso orientamento verso le materie scientifiche, e il confidence gap, l'Harvard University ha dimostrato che il minor successo delle donne dipende anche dalla fatto che le donne credono meno in se stesse» spiega Elena Centemero, deputata azzurra e presidente della Commissione Equality and Non-Discrimination del Consiglio d'Europa, che a Palazzo Lombardia ha raccolto esperti, manager, docenti universitari per discutere appunto di «Womens's empowerment in the economy». «Se fosse stata Lehman Sisters, invece di Lehman Brothers (la banca americana il cui fallimento scatenò la crisi finanziaria del 2008, ndr), sarebbe andata diversamente?» si domanda Paola Profeta, professore di Finanza pubblica alla Bocconi di Milano. Risposta: «Probabilmente sì, è dimostrato dalle ricerche che la diversità migliora le performance delle società».
Altri numeri. In Italia il tasso di occupazione femminile con figli al di sotto dei 6 anni é al 53,2% rispetto alla media europea del 61%; siamo in compagnia di Bulgaria (53,7%), Estonia (55,8%), Grecia 52,9%, mentre la Spagna è al 59%. Poi, su 302mila laureati in Italia, 176.668 sono donne contro 125.405 uomini. «Il gap di genere nel mercato del lavoro è un tema fondamentale per la democrazia. Le donne sono più colpite dalla disoccupazione e sottorappresentate nei ruoli dirigenziali, nonostante un livello medio di istruzione più elevato» osserva la Centemero. «Le donne restano sottorappresentate nelle Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), aree cruciali in cui c'è una forte domanda di professionisti. Le cause derivano da stereotipi nelle scelte educative e dalla mancanza di modelli femminili.
Lo snodo è dato dalle scuole elementari, dove è necessario accrescere l'interesse per le materie scientifiche. Diverse ricerche sui benefici economici dell'eguaglianza di genere dimostrano che una crescita delle donne nel settore Stem potrebbe creare nuovi lavori altamente produttivi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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