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Donbass, esercito e adesione Nato. I nodi che Kiev punta a sciogliere

Tre le questioni più delicate su cui si lavora. L'ultima parola ai leader

Donbass, esercito e adesione Nato. I nodi che Kiev punta a sciogliere
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"La pace è veramente vicina, ma tutto dipenderà da Putin, se accetterà, o meno, il piano di pace aggiornato" fa sapere una fonte del Giornale a Washington. "Ci sono ancora degli angoli da smussare, dettagli superabili, oltre al nodo dei territori ma in linea di massima ci siamo - sottolinea la fonte - Steve Witkoff (l'inviato speciale di Trump per la Russia) andrà a Mosca e poi dipenderà tutto dai presidenti" ucraino, russo e americano.

La triade degli ostacoli che si stanno superando riguarda i territori contesi, compresa la centrale nucleare di Zaporizhzhia in mano ai russi, il numero di effettivi delle forze armate ucraine e i rapporti di Kiev con la Nato. Il primo scoglio è il più duro da smussare, ma sugli altri due esiste un accordo di massima. Gli ucraini avrebbero accettato, di ritirarsi dall'ultima fetta del Donbass (appena il 16% del territorio), che ancora difendono con le unghie e con i denti. Una decisione dolorosa, per i tanti caduti, abbandonare il reticolo di difesa fino a Sloviansk e Kramatorsk, dove la secessione filo russa è iniziata nel 2014, che rappresenta la linea del Piave. Anche nella telefonata resa pubblica, per mettere i bastoni fra le ruote, fra Witkoff e il consigliere del presidente russo, Yuri Ushakov, si ribadisce che il vero nodo è Donetsk, la regione del Donbass dove si combatte metro per metro. Un europeo in prima linea fin dall'inizio dell'invasione con i corpi speciali ucraini ha mandato, nelle ultime ore, questi drammatici messaggi: "Una tragedia, mai avuti tanti morti, feriti, dispersi. Oramai ogni missione è una carneficina. Siamo al limite". E spera che si arrivi a un accordo.

"Il punto è come sarà gestita la zona demilitarizzata e da chi - spiega la fonte americana - Gli ucraini vorrebbero una specie di territorio libero". Putin, per poter cantare vittoria di Pirro, pretende che si riconosca de facto la sovranità russa su tutto il Donbass anche se le sue truppe non entreranno a Sloviansk e Kramatorsk. La soluzione possibile è una zona veramente neutrale garantita da una forte presenza di osservatori internazionali. "Un altro elemento collegato è la centrale nucleare di Zaporizhzhia" si fa notare da Washington. L'agenzia atomica delle Nazioni Unite (Aiea) dovrebbe gestire l'impianto, ma gli ucraini hanno puntato i piedi sul ruolo di russi e sulla divisione al 50% dell'energia prodotta fra i due Paesi.

Il problema del ridimensionamento delle Forze armate di Kiev sembra risolto con un aumento a 800mila uomini rispetto ai 600mila dell'iniziale piano Trump. In ogni caso, sarebbe l'esercito più numeroso dell'Unione europea, dove la Francia ha i numeri più alti con 300mila uomini. I russi, se accetteranno l'aumento, punteranno a ridurre la gittata degli armamenti dell'Ucraina, che con i droni colpiscono fino a Mosca.

Il tema che sta più a cuore agli ucraini, dopo i territori, riguarda la Nato. Kiev vorrebbe entrare, prima o dopo, nell'Alleanza atlantica, ma per i russi è una linea rossa. Mosca pretendeva addirittura che venisse inserito nella Costituzione ucraina il non ingresso per sempre. L'accordo si baserà sulle garanzie di sicurezza simili all'articolo 5 della Nato sulla difesa collettiva anche se l'Ucraina non è uno Stato membro. Un'idea suggerita da tempo da Giorgia Meloni.

Però non basta: i russi non accetteranno mai truppe Nato in Ucraina, ma gli alleati potrebbero costituire un contingente pronto ad agire in Polonia, dove il piano Trump già prevedeva il dispiegamento di una flotta di caccia per garantire uno scudo aereo a Kiev. "A questo punto la vera incognita è Putin - sottolinea la fonte oltreoceano - Vuole davvero fare la pace?".

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