La "dottrina Giuseppi": dalla Cina nuova alleata all'europeismo "no Mes"

Toni da televendita, una citazione ambigua dal greco e Biden recuperato in extremis

La "dottrina Giuseppi": dalla Cina nuova alleata all'europeismo "no Mes"

«Aiutateci, Aiutateci, aiutateci». La triplice invocazione ai «volenterosi» sotto forma di SOS è il momento più basso del discorso di Giuseppe Conte, l'istante in cui si capisce che alla nuova maggioranza prima che i numeri manca la visione. Eppure gli ingredienti in teoria ci sarebbero: evita di polemizzare con il rivale e addirittura non lo cita, richiama valori alti, elenca progetti per il futuro. Il risultato del soufflè parlamentare di Conte però è decisamente sgonfio.

Perché, copia sbiadita dei dorotei di una volta, il premier tenta di allettare tutti, di mettere nel frullatore della sua offerta politica ogni parola d'ordine possibile. Il risultato è un discorso che non decolla mai, talmente poco credibile da suscitare applausi più brevi e pacati rispetto alla norma di simili occasioni, e perfino le contestazioni in tono minore.

Conte tenta di tracciare un patto per la legislatura, un progetto di largo respiro che significhi l'esistenza in vita di una maggioranza con numeri ai minimi, fornendo una prospettiva ai responsabili, ribattezzati «costruttori» da Di Maio e ieri trasformati in «volenterosi», e rimettendo insieme i cocci dei giallorossi. Ma il risultato è più da piazzista che da statista. L'avvocato del popolo si appella alle «famiglie nobili» della politica e ce le mette dentro tutte: liberale, popolare, socialista. Nella replica pomeridiana aggiunge anche «democratica». Come unire un simile mosaico? Il Conte Uno, che era di rottura, arrivò a ricordare che «sovranismo e populismo sono nella Costituzione», il Conte Due, per rassicurare puntava tutto sul collante ambientalista-new age, appicciccando ovunque l'etichetta «verde». Il nuovo Conte, il Due e mezzo, ribalta definitivamente il primo spargendo a piene mani i termini «europeo» ed «europeista»: tredici citazioni da «la vocazione europeista», alla «scelta europeista», «le tradizioni europeiste». La strana dottrina Conte unge di aggettivi il tentativo di conciliare la fedeltà a Bruxelles con il Mes rifiutato per sfiducia nei perfidi eurocrati.

Eppure proprio il ruolo in Europa emerge problematico dalle parole dell'avvocato. Per far parte dell'Unione bisogna aver chiaro il proprio posizionamento nel mondo. E invece il passaggio a vuoto di Conte è da vertigini. Il presidente del consiglio cita «gli Stati Uniti, nostro principale alleato e fondamentale partner strategico» e subito gli affianca «la Cina, il cui innegabile rilievo sul piano globale ed economico va associato a rapporti coerenti con un chiaro ancoraggio al nostro sistema di valori e principi». Un parallelo che fa rumoreggiare i banchi del centrodestra e spinge poi Maurizio Lupi a prendere le distanze e a ricordare che Pechino è un regime che sta operando una dura repressione a Hong Kong. Nella replica pomeridiana Conte realizza e ricorda il nuovo presidente Joe Biden, oscurato come Matteo Renzi nel primo intervento, e per riparare abbonda. Dopo aver amoreggiato con Trump, sponsor di «Giuseppi», sposa in toto «l'agenda della nuova amministrazione» americana: «È la nostra».

Il resto del discorso è diviso in parti uguali tra la televendita della necessità storica di un altro governo Conte ai «cittadini che ci seguono da casa» (locuzione ripetuta più volte) e ai parlamentari ignorati fino al giorno prima e la rivendicazione di grandi meriti di governo della pandemia. Specificando che se qualcosa è andato male «le competenze in materia di gestione sanitaria sono rimesse primariamente alle Regioni» e ignorando non solo l'articolo 117 della Costituzione, che allo Stato riserva proprio «la profilassi internazionale», ma soprattutto la pratica dei decreti firmati solo da Palazzo Chigi, dei ricorsi contro le Regioni a guida centrodestra, delle mille task force, del progressivo svuotamento del Parlamento («trattato come lo zerbino dell'esecutivo» dice Lorenzo Fioramonti, ministro grillino silurato). Ma Conte dimentica tutto, il Senato costretto a esaminare la legge di Bilancio in un giorno, la campagna di fango contro le opposizioni sempre ignorate e addirittura prospetta improbabili riforme istituzionali, inventando un inedito «parlamentarismo razionalizzato», ancor più incomprensibile se viene da una maggioranza che ha tagliato il numero dei parlamentari senza riguardo di nessun equilibrio costituzionale.

Conte getta la rete a strascico, dall'opposizione, che ora ringrazia per ingraziarsela e perfino i singoli parlamentari, cui prospetta posti ministeriali liberi

all'Agricoltura e ai Servizi. Altro che votarlo per «sympatheia», dotta citazione della greca «condivisione ideale», il «sentire insieme» di cui Conte dimentica il significato originale più adatto all'occasione: patire insieme.

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