Roma L'Italia ha fatto passi in avanti, ma non c'è spazio per compiacersene. Il debito pubblico «è sostenibile», ma a patto di rispettare gli impegni previsti dal Patto di Stabilità e perseverare nelle riforme strutturali, in modo da aumentare la crescita economica e rendere «più duratura» la sostenibilità del debito. È un Mario Draghi misurato e composto, quello che appare in audizione alla commissione Economia dell'Europarlamento. Tirato per la giacchetta più volte dalle domande di eurodeputati italiani sulle conseguenze di un eventuale No al referendum, il presidente della Bce si trincera dietro un quadro di concretezza che non lascia adito ad alcuna «speculazione su alcuna ipotesi». Anzi, volendo riflettere su quel «compiacimento» per qualche passettino in avanti, ci sarebbe di che meditare anche per l'inquilino di Palazzo Chigi.
Le possibili reazioni al risultato referendario, spiega Draghi con puntualità e prudenza, saranno eventualmente «a breve termine» perché «i mercati si sono già mostrati più resilienti rispetto al passato» in situazioni analoghe e le banche sono ora «più forti». A lungo termine, invece, «è molto difficile valutare l'impatto». Esempi anche recenti non mancano, da Brexit a Trump: «Le incertezze geopolitiche sono la fonte principale di instabilità», certo. Ma lo schema «cui finora abbiamo assistito mostra una reazione a breve o medio termine, dopo sembra diminuire».
Per un presidente Bce che non perde l'aplomb e non cede di fronte al colpevole allarmismo suscitato da Matteo Renzi, nella disperata rincorsa fino all'ultimo voto, ecco invece l'Ocse pubblicare un Global economic outlook che sembra quasi un bollettino di propaganda renziana. Non si sa studiando su quali tomi e in base a quali parametri di simulazione giuridica, gli analisti dell'Organizzazione parigina scantonano dai dati economici per scrivere addirittura che «la riforma costituzionale che sarà soggetta a referendum a dicembre sarebbe un passo avanti perché snellirebbe il processo legislativo e chiarirebbe la divisione delle responsabilità tra il governo centrale e gli enti locali che allo stato attuale ha frenato gli investimenti pubblici e privati». Se quest'ultimo punto potrebbe pure avere una sua concretezza, andrebbe completato ricordando che la riforma del Titolo V fu varata, sempre a colpi di maggioranza, dall'Ulivo (e sarebbe bastato ora abrogarla, invece di sconvolgere l'intero assetto istituzionale italiano senza avere alcuna certezza di un buon risultato). L'endorsement viene giudicato dal fronte del No, un «film già visto» (Sisto, Fi) e una «falsificazione terroristica della realtà» (i Cinquestelle).
L'Ocse rivede in lieve rialzo (0,9%) la stima sulla crescita italiana nel 2017. In lieve discesa la disoccupazione, mentre il debito pubblico nel 2017 tornerà a salire.
Consumi e investimenti restano assai deboli, anche se le famiglie italiane risultano tra le meno indebitate dell'area. L'Italia avrà così un'espansione «moderata», dice l'Ocse, che vede nell'immigrazione, nei problemi di bilancio delle banche italiane e negli scossoni determinati dalla Brexit fattori di forte rischio.RooS
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