Il bastone e la carota. Dopo aver drammatizzato e lanciato un eloquente messaggio di legittima insofferenza verso quei partiti che in Consiglio dei ministri approvano un provvedimento e poi in Parlamento alzano barricate di emendamenti per riscriverlo, Mario Draghi decide di smussare gli angoli e ammorbidire i toni. D'altra parte, l'offensiva di giovedì scorso - il bastone - è il risultato di ricostruzioni di riunioni e incontri che, per quanto non smentiti, non fanno parte dell'ufficialità. L'ammorbidimento di ieri - la carota - arriva invece a favore di telecamere, durante la conferenza stampa che segue il Cdm che dà il via libera al dl sulle bollette e sui bonus edilizi. Con il premier che non lesina sorrisi e ironie. «Avete visto che bravi ministri che ho? È un bellissimo governo», dice riprendendo la parola dopo gli interventi di Franco, Giorgetti e Cingolani, rispettivamente ministri di Economia, Sviluppo economico e Transizione ecologica. Un elogio che potrebbe sembrare una battuta, perché la forte irritazione di Draghi verso i partiti - riportata con gradazioni diverse su agenzie e quotidiani nelle ultime 48 ore - non è stata oggetto di alcuna precisazione da parte di Palazzo Chigi. Neanche nella parte in cui l'ex numero uno della Bce avrebbe esplicitamente detto di essere pronto a farsi da parte. Il premier, insomma, gioca sul filo dell'equivoco. Non smentisce l'irritazione di giovedì scorso dopo che il governo è andato sotto ben quattro volte sul Milleproroghe durante le votazioni in commissione alla Camera. Ed elogia platealmente governo e ministri.
In verità, l'impressione è che l'ex numero uno della Bce abbia preso atto del fatto che è necessario creare un canale di comunicazione diretto con i partiti. Perché una cosa sono i ministri capidelegazione, altra le leadership dei partiti. Tanto che a domanda esplicita sulla questione, il premier non si tira indietro. Vedrà i leader di partito per superare le divergenze che attraversano il governo? «Certamente, io li vedo regolarmente, non è che debba dare uno sforzo aggiuntivo, i colloqui personali sono continui». Faccia a faccia che sono destinati ad infittirsi, perché - come hanno fatto notare giovedì sia Giorgetti che il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini - ci sono questioni che «vanno discusse direttamente con i leader di partito».
Nella consapevolezza che la cabina di regia sia ormai uno strumento di confronto desueto, a Palazzo Chigi si ragiona anche sul creare un momento di confronto diretto con i capigruppo di maggioranza di Camera e Senato. Una cinghia di trasmissione che sarebbe in carico ad alcuni ambasciatori del premier, così da cercare di trovare un punto di caduta tra le esigenze di un governo che non può essere ostaggio delle bizze dei partiti e le legittime aspirazioni di un Parlamento che vuole dire la sua su i provvedimenti che è chiamato a discutere.
D'altra parte, il ruolo delle Camere è evidentemente diverso da quello del governo, una circostanza che ha sottolineato anche Mattarella nel giorno del suo secondo giuramento davanti al Parlamento in seduta comune. Non a caso, proprio ieri anche Forza Italia insisteva sul punto.
Confermiamo il nostro sostegno leale al governo, si legge in una nota, ma resta il fatto che «il Parlamento ha il diritto e dovere di lavorare per correggere o migliorare provvedimenti scritti in Consiglio dei ministri». Una scelta che «non deve essere considerata lesa maestà». AdSig
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