A Palazzo Chigi lo avevano messo in conto. E in pochi sono rimasti stupiti dal pressing dei partiti che invocano interventi urgenti, anzi urgentissimi, sul caro bollette. Gli stessi partiti, spiegano diversi ministri, che «a giugno erano stati messi al corrente di quanto drammatica fosse la situazione» e «di quanto sarebbe stato critico il mese di settembre», alcuni dei quali «sono proprio quelli che lo scorso 20 luglio non hanno rinnovato la fiducia al governo». Tutto secondo copione, insomma. Anche perché era prevedibile che l'accendersi della campagna elettorale finisse per far diventare il governo parte in causa della corsa alle urne.
Mario Draghi, però, non ha alcuna intenzione di alimentare polemiche. E si tiene ben lontano dall'argomento - tutto politico - su cui insistono i ministri di cui sopra. Il nodo, per l'ex numero della Bce, resta squisitamente tecnico. Perché la necessità di un intervento - il terzo - per alleviare l'impatto del caro bollette non è in discussione, ma la tempistica non è così rapida come auspicano alcuni leader nei loro comizi. Per individuare le risorse - al Mef si ragiona su 7-10 miliardi - sono al lavoro sia il ministro dell'Economia, Daniele Franco, che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Ma ci sono dei tempi tecnici imprescindibili per quantificare l'extra-gettito di agosto. E per avere un quadro reale di quanto è entrato nelle casse dello Stato grazie alla tassa sugli extra-profitti per le aziende che operano nel mercato energetico (molte hanno fatto ricorso al Tar). Era assolutamente nelle cose, insomma, che il Consiglio dei ministri di ieri non varasse alcun provvedimento. Che, invece, dovrebbe arrivare mercoledì o giovedì della prossima settimana. Un intervento da 7-10 miliardi, dopo quello del 4 agosto scorso, quando con il decreto Aiuti bis il governo ne stanziò 14 (da settembre 2021 ad oggi, l'Italia ha messo sul tavolo per la crisi energetica 49,5 miliardi, una cifra che in Ue - fa i conti uno studio del think thank Bruegel - è seconda solo a quella investita dalla Germania). Superfluo dire, invece, che Draghi continua ad escludere categoricamente qualsiasi ipotesi di scostamento di bilancio. Su cui, peraltro, ha manifestato forti perplessità anche Giorgia Meloni. Non un dettaglio, visto che il governo è in carica per gli affari correnti e che il 25 settembre FdI sarà, dicono i sondaggi, primo partito.
Per il terzo intervento contro il caro bollette, dunque, appuntamento a metà della prossima settimana (più giovedì che mercoledì). Quando il governo potrebbe anche perfezionare l'intervento sugli extra-profitti per le aziende che operano nel settore energetico. L'ipotesi allo studio del Mef, per superare le polemiche e i ricorsi che ne sono seguiti, è quella di applicare ai soggetti in questione una tassa tradizionale (come l'Irap). Il 9 settembre, peraltro, si riunisce a Bruxelles il Consiglio Ue dei ministri dell'Energia. Un appuntamento importante per capire quale sarà il quadro complessivo all'interno del quale si muoverà l'Europa dopo le aperture arrivate da Ursula von der Leyen (sulla riforma del mercato dell'elettricità) e dalla Germania (sul price cap).
Nel frattempo, Draghi spinge affinché nei prossimi due mesi i ministri mettano a segno quanti più obiettivi possibili sul fronte del Pnrr. Entro il 20 ottobre, dice il premier in Consiglio dei ministri, serve «uno sforzo straordinario» per realizzare oltre il 50% dei target previsti entro fine anno.
Tra questi, il decreto delegato sui balneari, la riorganizzazione del sistema scolastico e la riforma degli istituti tecnico professionali. Complessivamente, tra settembre e ottobre il governo punta a raggiungere 29 dei 55 obiettivi del Pnrr previsti entro fine 2022. I restanti 26, invece, saranno in carico al prossimo esecutivo.
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