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Draghi lavora al Recovery. L'idea di un decreto ad hoc

Il premier si muove in prima persona: entro fine aprile testo pronto. Il piano sulla governance

Draghi lavora al Recovery. L'idea di un decreto ad hoc

«In ritardo? Chi, io?». No ragazzi, non scherziamo, dice Mario Draghi, non mancheremo questa «opportunità straordinaria» per ammodernare il Paese. Quindi nessun cambio di programma, nessun rallentamento, assicurano fonti di Palazzo Chigi, «l'Italia presenterà puntualmente il 30 aprile il Piano nazionale di rilancio e resilienza». Chiuso nel suo ufficio, inforcati gli occhialini, il premier ha passato il weekend con testa nelle carte. Nelle prossimi giorni avrà «contatti e colloqui», sentirà le opinioni delle forze politiche e valuterà le proposte, consulterà tecnici ed esperti, ma alla fine deciderà lui. E lunedì prossimo illustrerà il Pnrr alle Camere: per la governance si profila un decreto ad hoc, con una struttura centrale di coordinamento responsabile dei rapporti con la Ue e con le amministrazioni locali a cui affidare il buon fine degli investimenti.

Siamo, pare, in dirittura d'arrivo. Eppure nei giorni scorsi erano circolate voci, rilanciate da agenzie di stampa internazionali, sulle difficoltà del governo a chiudere in fretta il dossier Recovery. L'assalto alla diligenza dei partiti, le richieste delle categorie, le carenze strutturali della pubblica amministrazione, i problemi di «connessione» tra i ministeri interessati, gli intralci vari, tutto ciò rischierebbe di far slittare a metà maggio la consegna del Piano alla Commissione europea. Francia, Grecia, Spagna e Portogallo sono già pronti e, si dice, potrebbero accaparrarsi gran parte dei 45 miliardi complessivi già disponibili a luglio. I ritardatari dovrebbero aspettare settembre. La presidenza del Consiglio smentisce seccamente quelle che considera chiacchiere interessate. «Niente ritardi. Questa ipotesi non c'è mai stata e non è chiaro come sia potuta diffondersi». Del resto il calendario è confermato: la settimana prossima ultimi incontri politici, poi l'approvazione del testo nel Consiglio dei ministri e il confronto in Parlamento il 26 e il 27. E il 30 puntuale il malloppo arriverà a Bruxelles.

Mario Draghi e «tranquillo e impegnato». Soddisfatto per l'accelerazione del programma di vaccinazioni, persuaso di aver trovato «la soluzione più ragionevole» sulle riaperture, lascia sfogare i partiti che lo sostengono sulla polemica sul coprifuoco. Ci sono elezioni amministrative in autunno, leader che devono mantenere il contatto con la base, bandierine identitarie da piantare, polemiche da sollevare, alleati nemici da attaccare, sondaggi da compulsare: esigenze comprensibili, figuriamoci se il premier si scandalizza. La strana coalizione si agita, litiga e poi al dunque deve andare avanti, affidandosi alla sintesi del capo dell'esecutivo.

E lui si dedica al Recovery, passaggio fondamentale insieme alla riapertura progressiva in sicurezza del Paese per rimettere in moto una crescita sostenuta, simile a quelle degli altri Stati europei. I quasi duecento miliari europei, sommati all'extra deficit da record appena deciso e ad altri investimenti, se ben utilizzati possono colmare lo storico divario di competitività del sistema Italia. Servirà anche riammodernare la macchina dello Stato per ridurre sprechi e lentezze ataviche: a metà maggio verrà varata una riforma sulle semplificazioni amministrative «di grande respiro». Poi toccherà alla giustizia civile e all'innovazione tecnologica.

È davvero l'ultimo treno.

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