Draghi riaccende il Recovery: dalla Ue una prova di fiducia

Il premier alla Corte dei Conti poi al debutto nel G7: "Debito sostenibile ma serve crescita, non tassi bassi"

Draghi riaccende il Recovery: dalla Ue una prova di fiducia

Il Mario Draghi premier non è la stessa persona che ha guidato la Banca centrale europea, si dice. Più probabilmente ad essere mutati sono il contesto e le priorità. Colpisce comunque sentirlo nella sua prima uscita pubblica da premier, all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti, dire che «ai livelli attuali non sono i tassi di interesse che determinano la sostenibilità del debito pubblico, ma è il tasso di crescita di un Paese».

Draghi resterà nella storia per avere, da capo della banca centrale, dato vita al Quantitative easing, programma di acquisto di titoli di debito sovrano partito nel 2015 e che ha avuto come effetto - fondamentale per l'Italia - proprio quello di tenere bassi i tassi di interesse.

Ma la frase a effetto serve al premier serve soprattutto per sottolineare ancora una volta quanto sia importante mettere a frutto il Recovery plan. «Risorse importanti» messe a disposizione del nostro Paese con «una chiara linea di indirizzo: investire sul futuro».

«Per la prima volta in tanti anni - spiega Draghi - lo Stato si trova a poter fare investimenti significativi con il solo vincolo che siano fatti bene, cioè che aumentino la crescita del Paese e quindi contribuiscano anche a rendere il nostro debito sostenibile».

Importante spendere bene i soldi del Recovery anche perché «mai nella storia dell'Ue, i governi avevano tassato i loro cittadini per dare il provente di questa tassazione ai cittadini di altri paesi dell'Unione».

Una «straordinaria prova di fiducia reciproca che, se validata da scelte oneste ed efficaci, potrà un giorno sfociare nella creazione di un bilancio europeo comune da cui dovrebbero trarre maggior beneficio proprio i paesi più fragili dell'Unione».

Un omaggio ai contribuenti netti nel Recovery e un richiamo alla responsabilità di chi dovrà spendere i fondi (la Pa) e a chi dovrà controllare.

Come la Corte dei conti alla quale spetta un ruolo che «diviene quindi parte del processo con cui noi parteciperemo al processo di costruzione di un'Europa più responsabile ma anche più solidale».

Le parole chiave sono «fiducia e responsabilità». Punti di riferimento anche per chi amministra. Per il presidente del Consiglio occorre «evitare gli effetti paralizzanti della fuga dalla firma, ma anche regimi di irresponsabilità a fronte degli illeciti più gravi per l'erario».

Quindi pubbliche amministrazione che non sfuggano alle loro responsabilità, ma anche un controllo che «deve essere intransigente e rapido».

Draghi premier, come quello dei tempi della Bce, sembra farsi carico dei timori europei sulla capacità di spesa e sull'efficacia della spesa dei fondi del piano.

Interventi per contrastare la pandemia al centro del G7, che si è tenuto ieri in teleconferenza. Anche in questo caso, esordio di Draghi premier, accanto da Joe Biden, neopresidente Usa. Nel documento finale i sette paesi hanno ricordato il «sostegno senza precedenti alle nostre economie nell'ultimo anno, per un totale di oltre 6 mila miliardi di dollari nel G7» e hanno riaffermato l'impegno a sostenere «per rafforzare il sostegno» ai paesi in difficoltà.

Nel suo intervento il premier italiano ha difeso la salute «come un bene pubblico globale», chiedendo «l'accesso equo, universale e di massa ai vaccini». Principi che saranno al centro del prossimo Global Health Summit di Roma. Il premier ha richiamato l'esigenza di riservare attenzione ai cambiamenti climatici e alle biodiversità

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