«Politiche insostenibili possono forzare ad aggiustamenti socialmente duri e finanziariamente costosi in grado di mettere a repentaglio la coesione nell'unione monetaria». È un altro monito all'Italia, quello lanciato ieri da Mario Draghi davanti all'Europarlamento. E il messaggio risulta piuttosto chiaro: se non hai conti in ordine, le misure economiche espansive su cui punti per dare impulso alla crescita, ma che non sei in grado di reggere, si possono rivelare un boomerang pericoloso. Fino a costringerti poi, per rimetterti in carreggiata, ad adottare un regime di austerità. Il cui prezzo da pagare è sempre alto sotto forma di sacrifici per l'intera comunità e di minori potenzialità di crescita. La preoccupazione del presidente della Bce è inoltre legata al fatto che una disinvolta gestione dei conti pubblici a livello nazionale finisca per contagiare, attraverso almeno tre canali (finanziario, commerciale e quello della fiducia), altri Paesi «con fragilità simili». Il modo per evitare che ciò accada è sempre lo stesso: «Ho detto molte volte - ricorda l'ex governatore di Bankitalia - che i Paesi con un debito elevato dovrebbero ridurlo, perché riducendo il debito si rafforzano. Un debito troppo elevato - continua Draghi - aumenta la vulnerabilità dei Paesi. La lezione che molti Paesi hanno imparato è che, quando la crisi ha colpito, non avevano spazio nel bilancio per intervenire». Oggi, invece, tassi di interesse storicamente ai minimi dovrebbero essere impiegati per ricostruire dei «cuscinetti», cioè «dei margini di manovra nel bilancio». Escamotage per la risoluzione dei problemi finanziari non ce ne sono, a cominciare dall'introduzione di monete parallele come per esempio i mini-Bot proposti dalla Lega. «L'euro - è la risposta del leader della banca centrale - è l'unica valuta dell'Unione monetaria. Altre valute o non sono legali o non sono valute, quindi costituiscono un debito e vanno ad aumentare lo stock complessivo di debito».
La recente apertura del governo a un aggiustamento della manovra nella parte relativa al 2,4% del rapporto deficit-Pil, non sembra aver cambiato più di tanto l'umore di Draghi. «Nella situazione attuale c'è un dialogo» in corso tra le autorità italiane e la Commissione europea, ha constatato. «Sono sempre stato fiducioso che un accordo possa essere raggiunto». Poco più di un mese fa, il numero uno dell'Eurotower si era detto «ottimista, non molto ottimista» sulle possibilità di un'intesa fra Roma e Bruxelles. Da allora, si è assistito a un progressivo deterioramento dei rapporti che ha portato il Paese a un passo dall'apertura di una procedura d'infrazione per eccesso di debito e a un rallentamento della congiuntura che secondo Draghi «potrebbe anche essere temporaneo». Le prossime stime, che la Bce diffonderà in occasione della prossima riunione in calendario il 13 dicembre, dovrebbero svelare quale sarà il percorso di politica monetaria nel 2019.
Il presidente dell'istituto di Francoforte si è ieri mantenuto prudente, non tornando più sulla possibilità di un rinvio del rialzo dei tassi d'interesse, finora previsto nell'autunno del 2019, a causa della debolezza del quadro economico e limitandosi a confermare che il quantitative easing terminerà alla fine dell'anno in corso, anche se la decisione sulla conclusione del piano d'acquisto titoli resta «condizionata a dati in arrivo che confermino le nostre previsioni a medio termine per l'inflazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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