di Paolo Guzzanti
I l futuro può sfornare due diverse Americhe, nel senso degli Stati Uniti: una, trumpiana compiuta e trionfante. E una che cambi rotta a centottanta gradi, per una politica di inversione tuttavia totalmente incerta parliamo delle tendenze del partito democratico fra una sinistra-sinistra come quella di Bernie Sanders e una più meno centrista come quella della senatrice Warren o dell'outsider a sorpresa Pete Buttigieg.
Tutti sappiamo che cosa è successo: Trump trionfante nella terra degli infedeli del Congresso di cui è speaker la sua nemica personale Nancy Pelosi, con lui che rifiuta di stringerle la mano e lei che straccia i fogli del discorso presidenziale davanti alle telecamere, per protesta ma anche compiendo un gesto sospetto di illegalità, visto che il testo del presidente consegnato al Congresso non è un appunto dattiloscritto ma proprio un documento ufficiale con tutti i crismi. Infatti, la Pelosi è stata attenta a stracciare ogni foglio solo in due metà recuperabili e a non farne coriandoli. Per il resto il discorso sullo Stato dell'Unione è consistito in una robusta litania di successi economici e occupazionali, prove di quanto oggi sia rispettata nel mondo l'America che ha finalmente il diritto di pensare prima di tutto ai propri lavoratori (questo il concetto di America First) e che è la più potente nazione del mondo e di tutti i tempi, pacifica ma solo a condizione che nessuno vada a sfidarla: «Abbiamo ucciso Al-Bagdhadi dimostrando che nessuno può pensare di colpire cittadini o soldati americani senza pagare con la vita il suo crimine», ha detto. Dunque, l'America trumpiana è una nazione forte e pacifica, pronta ai compromessi, capace di mostrare i muscoli senza usarli. Per ora è andata molto bene perché mai la potenza economica dell'Unione è stata così florida e in continua crescita, ciò di cui oggi beneficiano per la prima volta tutti gli afroamericani.
Dall'altra parte abbiamo due ipotesi di svolta post-trumpiana: quella centrista di Biden, che appare azzoppato, e più ancora dell'astro emergente Pete Buttigieg, che non ha ancora quarant'anni, è gay dichiarato e sposato con un uomo (porterebbe un nuovo tipo di First Lady alla Casa Bianca), è pacato, inclusivista, la gioia per il movimento Lgbt ma anche di tutti gli americani vagamente progressisti senza eccessi socialisti. Lui è l'astro nascente e ha vinto contro l'establishment clintoniano-obamiano che porta l'ex vicepresidente Biden. Questo è un centrista puro e tranquillo, sogni d'oro sia per gli affaristi che per i benpensanti di sinistra. Ma per ora il candidato Biden, benché in testa nei sondaggi, non attacca perché l'impeachment contro Trump ha danneggiato proprio lui: sospettato d'aver fatto affari molto sporchi in Ucraina insieme a suo figlio.
L'altra scelta è nettamente socialista per non dire comunista perché il vecchio Sanders, 77 anni compiuti, è molto più leninista che socialista, con uno staff di giovani che si fanno beccare da youtube mentre inneggiano all'Unione Sovietica sostenendo che i gulag sono stati un'invenzione della Cia perché si trattava invece di campi di rieducazione.
Trump porta in dote i rinnovati «rapporti speciali» con il Regno Unito di Boris Johnson e il leader del Brexit Party, Nigel Farage. L'attuale politica presidenziale è fondata su una pace commerciale armata con la Cina, che però è una creatura molto nervosa e in questo momento indispettita per la mancata comprensione della Casa Bianca per l'epidemia del coronavirus. Gli altri candidati non esprimono in maniera netta il loro orientamento in politica estera, salvo dichiarare insufficiente e pericolosa quella di Trump. I clintoniani che sostengono Biden accusano il presidente di aver lasciato il campo mediterraneo e mediorientale nelle mani di turchi e russi, mollando i curdi che hanno fatto il lavoro sporco contro l'Isis. Su questo punto c'è frizione perché paradossalmente la politica tradizionale dei democratici è fortemente antirussa e si trova a suo agio più nella guerra fredda che nell'immaginario trumpiano di una potenza planetaria solitaria e isolazionista. La tradizione democratica è da sempre contro l'isolazionismo così come la tradizione repubblicana è favorevole a mollare il resto del mondo.
Il futuro dunque è per ora nettamente a favore del presidente, ma al tempo stesso tale favore è fragile e vulnerabile perché gli eventi a sorpresa, come le guerre altrui o un ciclo di depressione che potrebbe seguire il momentaneo crollo della Cina a causa della pessima gestione dell'epidemia, potrebbero far crollare o scricchiolare l'attuale forte impalcatura. Allo stato attuale Trump esce rafforzato e i democratici non sembrano in grado di trovare né un avversario di forte personalità, né una chiara politica alternativa.
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