Due insidie per Letta: sindaci e asse del Nord "Minoranza ridotta"

La segreteria minimizza sulla fronda: ormai sono pochi. Niente strappi prima del Colle

Due insidie per Letta: sindaci e asse del Nord "Minoranza ridotta"

La Caporetto sul Ddl Zan rianima l'opposizione nel Pd contro Enrico Letta. Si riapre il processo contro il segretario dei democratici. Che al netto della vittoria alle comunali, rimedia una sberla dietro l'altra sull'agenda politica: Ddl zan, Ius soli, patrimoniale. Una sconfitta (politica) dietro l'altra. Nel mirino dell'opposizione interna c'è la linea del segretario. A cominciare dalla scelta dell'alleanza in vista delle elezioni politiche nel 2023. C'è chi ci spera, ma l'orizzonte di un congresso prima del voto non sembra molto vicino. E dunque si insiste sulla necessità di un cambio di rotta. I più agguerriti sono i gruppi di Base riformista, la corrente guidata dagli ex renziani Graziano Delrio e Lorenzo Guerini.

«Un gruppo ridotto ormai a pochi, una minoranza della minoranza», fanno trapelare fonti vicine alla segreteria nazionale. Il correntone si è ormai sfaldato. Simona Malpezzi, capogruppo al Senato e data tra i componenti di Base riformista, è passata in maggioranza con Letta.

Il più esplicito contro Letta è stato Andrea Marcucci, ex capogruppo al Senato (di ex fede renziana). Marcucci evoca chiarezza sulle alleanze. Tradotto: una scelta netta tra Calenda-Renzi e i Cinque stelle. Letta, forse in cuor suo, la scelta l'ha fatta già: si va avanti con l'asse con Giuseppe Conte. Ma non compie il passo decisivo. Non rompe. Tiene in caldo tutti. In questa fase, la leadership interna di Letta non sembra in bilico. Al netto di Base riformista, le correnti sono quasi tutte schierate con il segretario. Anche il «temuto» Dario Franceschini, per ora, gioca di sponda con il segretario. Non strappa, prima della partita sul Quirinale. Le spine per Letta arrivano da fuori. Insidie che potrebbero creare non poche difficoltà al segretario.

Il primo fronte di rivolta sta montando nel Nord. Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, lancia l'idea del patto dei sindaci del nord con il collega di Brescia Emilio Del Bono. «L'obiettivo - spiega Lo Russo è ridefinire il ruolo dei sindaci in vista della messa a terra dei fondi europei del Pnrr, creando una rete di amministratori locali del Nord che sconfigga la burocrazia nei ministeri romani». La mossa è politica: ridurre il potere del gruppo dirigente romano.

Al fronte del Nord si aggiunge la proposta del sindaco di Bari, Antonio Decaro, di costituire il partito dei sindaci. Una rete trasversale di primi cittadini dem, da Dario Nardella (Firenze) a Giorgio Gori (Bergamo), con l'obiettivo di contendere la leadership a Letta. Il partito dei sindaci marcia con il correntone di Base riformista e vorrebbe portare Letta al congresso nazionale prima delle Politiche. Il nome sui cui sindaci ed ex renziani puntano è Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna. Però al momento siamo nel campo delle ipotesi. Tutto rinviato a dopo l'elezione del Presidente della Repubblica. Il fallimento della trattativa da parte di Letta potrebbe, come nel caso di Bersani nel 2013, aprire la strada verso le dimissioni. E nella partita Colle che Letta si sta giocando la riconferma alla guida dei democratici fino alle politiche. Il nome di partenza è Paolo Gentiloni. Ma sul profilo del commissario Ue agli Affari economici il M5S non è compatto.

Si rischia lo sgambetto dei franchi tiratori. L'incubo dei 101 che affossarono Romano Prodi è dietro l'angolo. Ecco, allora, che nelle ultime ore prende corpo al Nazareno l'ipotesi del Mattarella bis. Opzione di comodo per evitare pericolose forzature.

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