​In due mesi bruciati 11 punti: l'inferno (politico) di Conte

Il premier non ha più la fiducia degli italiani. Il caos Ilva, la manovra, il problema immigrazione lo hanno messo al tappeto

​In due mesi bruciati 11 punti: l'inferno (politico) di Conte

Sono passati soltanto due mesi e tre giorni da quando il governo giallorosso ha giurato di fronte a Sergio Mattarella. Anche se sembra un'eternità, il 5 settembre è proprio lì, dietro l'angolo. Ma perché sentiamo così tanto pesanti queste settimane? Perché ci sembrano così infinite? Perché il governo dell'inciucio, ancor prima di insediarsi, già litigava. Il Pd e M5S non sono mai andati d'accordo su nulla. Anzi, su una cosa erano (e sono) concordi: non far salire il centrodestra al governo e impedirgli - assolutamente - di eleggere un presidente della Repubblica "sovranista". Ma a parte questa parentesi, ogni giorno hanno un pretesto per dirsene quattro.

Se prima il motivo della discordia era il taglio dei parlamentari, poi è diventato quello dell'immigrazione. Ricordate quando Luigi Di Maio diceva di non voler abolire i decreti Sicurezza di Salvini, mentre il Pd voleva farlo subito? Quante se ne sono dette? Ma non è finita qui. Perché i problemi e i fronti di scontro si presentano giorno dopo giorno. All'emergenza immigrazione, infatti, ha fatto seguito la manovra economica. Pd e M5S non riuscivano a trovare la quadra. Uno voleva una cosa, l'altro cercava di imporre l'opposto. Ma nonostante avessero obiettivi a cui mai avrebbero anche potuto rinunciare, hanno dovuto abbassare la testa e fare il punto. L'esperienza delle elezioni regionali in Umbria li ha segnati parecchio. Il centrodestra li ha travolti, gli italiani hanno fatto capire loro che questo governo non rappresenta il popolo, hanno tutti contro. Solo i giallorossi, insomma, si vedono bene al governo e non vogliono staccarsi da quelle poltrone. Non se ne vogliono andare a casa. Ormai è chiaro a tutti.

E, ora, che stanno giocando col fuoco - ci riferiamo all'Ilva di Taranto - tremano come foglie. Qui si giocano tutto. Anche Sergio Mattarella ha dato uno scossone al premier. O riescono a risolvere questo enorme problema o vanno a casa. Se 5mila dipendenti dell'acciaieria dovessero perdere il posto di lavoro, i gialli e i rossi farebbero davvero una figuraccia. Chi li voterebbe più? Tra l'altro fra qualche mese ci saranno le elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria. E anche quello sarà un banco di prova importante.

Ma in tutto questo, Giuseppe Conte che fine ha fatto? Il premier ha una bella gatta da pelare. Come succedeva nel suo mandato precedente (alla fine fa sempre un po' la figura della comparsa. Solo quando deve prendersela con Salvini tira fuori "l'orgoglio italiano"), cerca di fare da collante fra le posizioni piddine e grilline. Ma è molto dura perché le due anime del governo non vanno d'accordo neanche su un tema, neanche su una virgola del programma. E ora che il caso dell'Ilva di Taranto è arrivato a un punto di non ritorno, Conte ha deciso di prendere il toro per le corna, ha tirato fuori il carattere e ha rivendicato una posizione dell'Italia in Europa. Quindi, va in televisione a parlare di piani strategici, di programma di investimento e di cosa ha in mente di fare. Ma nonostante cerchi di sembrare tranquillo, lucido e pacato, c'è qualcosa che lo preoccupa particolarmente: gli ultimi sondaggi. I numeri sono disastrosi.

L'avvocato del popolo, che aveva un forte gradimento quando c'era il governo gialloverde, sta perdendo giorno dopo giorno punti in percentuale. Gli italiani non si fidano più di lui. La sua parabola discendente è descritta dal nuovo sondaggio elaborato da Swg per il Messaggero. La rilevazione del 4 novembre scorso dimostra che solo il 40 per cento degli italiani si fida di "Giuseppi". Due mesi fa (2 settembre) Conte aveva un indice di fiducia 11 punti più alto: era al 51 per cento. Un vero e proprio disastro. Il 36% degli italiani, infatti, dice di avere "poca fiducia" in Conte e il 24 non ne ha alcuna.

Il trend estrapolato dai sondaggisti di Swg rispecchia più o meno gli umori

dell'elettorato italiano. I numeri, quindi, parlano chiaro e probabilmente anche dalle parti di Palazzo Chigi si sono accorti che bisogna cambiare rotta prima di evitare una crisi di governo irreversibile.

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