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«Due morti in mare colpa di Salvini» Ma un testimone smentisce la Ong

La spagnola Open Arms attacca il governo: «Libici assassini arruolati dall'Italia, hanno lasciato annegare una madre con il bimbo» Il Viminale: «Fake news, presto le prove»

Chiara Giannini

Ormai è scontro aperto tra il ministro dell'Interno, Matteo Salvini e le Ong. Da una parte la linea dura del vicepremier, appoggiato dal governo Conte, che non cede di un passo riguardo alla decisione di chiudere i porti alle navi dei volontari del mare, dall'altra la spagnola Proactiva Open Arms, che lancia una terribile accusa contro la guardia costiera di Tripoli e che insinua che il nostro esecutivo sia complice di quelli che chiama gli «assassini» di migranti.

A scrivere il tweet della discordia è il fondatore della Ong iberica, Oscar Camps: «I libici hanno affondato la barca - spiega - e lasciato morire una donna e il suo bambino. Sono assassini arruolati dall'Italia». Per lui la guardia costiera libica avrebbe annunciato di «aver intercettato un'imbarcazione con 158 persone a bordo e di aver fornito assistenza medica e umanitaria. Quello che non ha detto prosegue mostrando le foto e il video di una donna viva dopo 48 ore in mare e della mamma e del bambino morti è che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e di aver affondato l'imbarcazione perché non volevano salire sulle motovedette libiche». E poi la frase incriminata: «Per quanto tempo avremo a che fare con gli assassini arruolati dal governo italiano per uccidere?». La donna salvata si chiamerebbe Josephine e arriverebbe dal Camerun. L'avrebbero trovata aggrappata ai resti del barcone, in stato di ipotermia.

Un'accusa che il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, rimanda al mittente: «Bugie scrive su Facebook e insulti di qualche Ong straniera confermano che siamo nel giusto: ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti e ridurre il guadagno di chi specula sull'immigrazione clandestina. Io tengo duro». E poi la smentita, che bollerebbe definitivamente la versione di Open Arms come una fake news. C'è un testimone, una giornalista straniera il cui racconto contraddirebbe quello di Proactiva. La donna si trovava proprio a bordo della nave dell'Organizzazione non governativa nel momento dei soccorsi alla camerunense poi recuperata. E negherebbe la ricostruzione di Camps, facendo capire come quella fornita dall'uomo non sia altro che un'invenzione ad hoc mirata a strumentalizzare l'intera situazione. Insomma, la prova che ciò che spesso riportano le Ong va preso con le molle. Il Viminale definisce la cronista straniera «osservatore terzo» e ciò che ha riportato non coinciderebbe con la notizia secondo cui i libici non avrebbero fornito assistenza al barcone. Anzi, dimostrerebbe il lavoro impeccabile portato avanti dalla guardia costiera di Tripoli. D'altronde, qualche dubbio si era già fatto avanti ieri, dopo che in molti avevano letto l'articolo di un'altra giornalista, la cronista di Internazionale Annalisa Camilli, che nel suo pezzo riporta ciò che ha raccontato il portavoce di Proactiva, Riccardo Gatti, ovvero che l'ipotesi è che «i libici siano intervenuti» nel naufragio di due gommoni, tra cui quello in questione «ma non riusciamo a spiegarci cosa sia successo perché abbiamo trovato i resti di un gommone affondato, due morti e un sopravvissuto». E si chiede: «Chi ha distrutto i gommoni?». Una versione ben diversa da quella fornita da Camps, che a colpo sicuro ha accusato la guardia costiera libica.

Il ministro dell'Interno, peraltro, in un altro post annuncia che «due navi di Ong spagnole sono tornate nel Mediterraneo in attesa del loro carico di esseri umani. Risparmino tempo e denaro - chiarisce il titolare del Viminale - i porti italiani li vedranno in cartolina». Intanto sono stati fermati gli 11 scafisti del barcone arrivato sabato scorso vicino a Linosa e i cui occupanti sono stati soccorsi dal pattugliatore Monte Sperone della Guardia di Finanza e dall'inglese Protector di Frontex.

Sono stati gli uomini delle Fiamme Gialle e i Carabinieri a individuare il comandante e dieci membri dell'equipaggio, trovati in possesso di navigatore satellitare e bussola. Si tratta di 2 siriani, 2 tunisini, 1 algerino e 6 egiziani. Per tutti l'accusa è favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di 447 persone, ma anche di aver causato la morte come conseguenza di altro delitto, visto che 4 degli immigrati a bordo del natante si sono tuffati e non sono più riemersi. Rischiano fino a 15 anni di carcere.

Peraltro, il comandante del barcone nel 2004 era già stato arrestato in quanto individuato come scafista.

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