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Le due ragioni per cui Draghi ha accelerato la fine di Arcuri

Cosa si nasconde dietro la richiesta di dimissioni di Domenico Arcuri da commissario per l'emergenza? Le due ragioni che hanno convinto Draghi

Le due ragioni per cui Draghi ha accelerato la fine di Arcuri

Domenico Arcuri è stato fatto fuori da Mario Draghi, che ha così concluso la sua operazione di chiusura col governo Conte. In una settimana, il nuovo presidente del Consiglio ha allontanato il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, e il commissario straordinario per l'emergenza coronavirus. Una decisione maturata lo scorso 27 febbraio dopo un colloquio con i fedelissimi Roberto Garofoli e Franco Gabrielli. Come spiega Dagospia, la decisione finale è stata presa con il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Una decisione quasi estemporanea, per la quale Mario Draghi non ha coivolto quasi nessuno del suo governo. Un tema delicato, che ha richiesto qualche giorno di discussione tra i fedelissimi di Mario Draghi. Non è stato coinvolto Paolo Francesco Figliuolo, il nuovo commissario, che è stato avvisato solo nella giornata di lunedì 1 marzo, poche ore prima della comunicazione.

La scelta di Figliuolo non è stata a caso ma ben ponderata dal presidente del Consiglio. Ha alle spalle una lunga carriera militare, una scalata che lo avrebbe potuto portare a diventare Capo di Stato maggiore. In quel caso, però, Guerini gli preferì Pietro Serino. Per la nomina a commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, però, il suo profilo è quello perfetto per gestire il piano vaccinale e organizzarlo nel modo migliore. Francesco Paolo Figliuolo è un esperto di logistica militare, il che rappresenta un plus per il ruolo che è chiamato a svolgere. Non è un manager come Arcuri ma Mario Draghi e la sua squadra credono fermamente nelle sue capacità. Inoltre, Francesco Paolo Figliuolo gode della stima di Franco Gabrielli, che ha imparato a conoscerlo quando il nuovo commissario era il comandante del Contingente nazionale in Afghanistan, nell'ambito dell'operazione Isaf tra il 2004 e il 2005.

Trovato il nome, e ottenuta l'accettazione dell'incarico, l'uscita di Domenico Arcuri è diventata solo una questione formale. Da Palazzo Chigi non hanno perso tempo e hanno convocato Domenico Arcuri nel primissimo pomeriggio. Prima l'incontro con Garofoli, poi quello definitivo con Mario Draghi. Niente frizzi e lazzi ma argomentazioni dritte al punto fino a quella richiesta: "Ci sarebbe da inviare la lettera di dimissioni". Infatti, il presidente del Consiglio non poteva mettere alla porta Domenico Arcuri, che è stato nominato per decreto e può essere sostituito solo con un altro decreto. Ma pare che Domenico Arcuri non abbia fatto una piega e appena rientrato in ufficio abbia inviato la mail come richiesto da Draghi. Sarebbe bastato aspettare un altro mese per arrivare alla scadenza naturale del mandato e invece il premier ha voluto agire subito per non perdere tempo prezioso in inutili formalismi.

Le varianti stanno correndo in Italia, dove la situazione si complica nuovamente di giorno in giorno. La terza ondata è arrivata anche nel nostro Paese e occorre agire in fretta per evitare un'altra strage e il collasso delle strutture sanitarie. Si potrebbero superare i numeri della seconda ondata e il piano vaccinale è in alto mare. Nei frigo degli ospedali si trovano migliaia di dosi inutilizzate di vaccini e Draghi ha intuito l'esigenza di affidarsi al modello americano improntato da Trump: chiamare in campo l'esercito. Ogni giorno è prezioso, perché i contagi crescono in maniera esponenziale.

Inoltre, c'è l'inchiesta sulle mascherine della commessa di Arcuri, che non è comunque coinvolto direttamente nell'indagine e che, a onor del vero, si è dichiarato parte lesa. Tuttavia, Mario Draghi ha voluto evitare di correre il rischio che l'inchiesta si allargasse e che potesse diventare un problema per il futuro. Risolta la questione della struttura di commissariamento dell'emergenza, Mario Draghi e Domenico Arcuri potrebbero avere nuovamente a che fare in un prossimo futuro.

Sulla scrivania di Draghi c'è il dossier Ilva, che il premier vuole affrontare il prima possibile.

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