Giuda ballerino, Dylan! Questa non ce la dovevi fare! Ma come sposarti Groucho? Ma dai, non ci credo. Ma non ci crede nessuno, dai. Ma come è in copertina di Repubblica? Ma come, quando? (frase da leggere con la voce di Haber al cimitero nel film Amici miei). E invece purtroppo è tutto vero. Quando ho aperto il numero 398 sono corso subito a sbirciare la copertina del prossimo numero, l'ho vista, e ho pensato che magari ti eri deciso finalmente a sposare chessò, quella pasticciona di Anna Never, quella strega di Kim e il suo gatto Cagliostro, la prostituta Bree resuscitata e mesmerizzata, oppure quella matta di Lillie. Cavolo, Dylan, sei il mio idolo da quando a 13 anni ho comprato il primo numero L'alba dei morti viventi, 1.300 lire, nell'edicola di Piazza Duomo a Reggio Calabria. Ti sei «divertito» con qualsiasi essere di sesso femminile gravitasse nelle tue pagine, eccezion fatta (forse) per Madame Trelkovski. Hai rivelato al mondo la bellezza delle Clarks grigie, scarpe che da allora sono diventate un mio must, e di tutti i colori. Con quella faccia alla Rupert Everett, e il film DellamorteDellamore, la generosa Anna Falchi che si concede al cimitero. E quella camicia rossa, poi. E Londra, Craven Road, Paddington, gli albi giganti, le uscite con la copertina cartonata, ho comprato persino il tuo pupazzo di piombo in edicola.
Beh Dylan, già che ci sei, ti confesso che negli ultimi anni ero rimasto spiazzato dalla piega che aveva preso la tua vita, soprattutto dopo l'uscita di scena dell'ispettore Bloch, che
però noto con piacere in prima fila alle tue prossime nozze. Ma di una cosa sono veramente rammaricato. Sei stato sopraffatto anche tu dall'ultimo mostro più sinistro e imbattibile che è rimasto: il politicamente corretto.
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