E anche nel Pd volano stracci e insulti

I renziani a Roma sperano nel ballottaggio con M5S ma è scontro su Orfini

E anche nel Pd volano  stracci e insulti

Drizza le orecchie il Pd davanti alle divisioni nel centrodestra, ringalluzzisce la maggioranza renziana: almeno a parole ora si può sperare nel ballottaggio con la grillina Raggi, che veleggia avanti a tutti nei sondaggi. Ma il ciclone mamma Roma, al secolo Giorgia Meloni, rischia pure di sovvertire meccanismi assodati e togliere acqua al mulino del candidato Giachetti, non sgradito a parte dell'elettorato moderato e oggi spiazzato («Con Giorgia siamo amici!», grida ai quattro venti).Grande resta la confusione sotto il cielo della Capitale, e preoccupatissimo il Pd per le prossime amministrative.

Se Renzi prima poteva accarezzare solo l'idea di vittoria nelle tre grandi città del Nord (Milano, Torino e Bologna) ora l'ordine di scuderia è riconquistare alla causa la minoranza del Pd, ma nel contempo sparare a zero sui possibili «deviazionisti» alla Bassolino. Ognuno lo fa con le proprie armi, naturalmente; il presidente Orfini con lo stralogoro e arrogante concetto di voto utile. La spara grossa e parla di asfaltare i dissidenti interni: «Se il Pd fa il Pd non ce n'è per nessuno. Credo che sia sempre più chiaro a tutti che c'è un solo candidato di sinistra che può vincere le elezioni a Roma ed è Giachetti, tutti gli altri servono esclusivamente a favorire la destra».

Sospetto che vanifica il richiamo all'unità del senatore renziano Marcucci e fa arrabbiare molto il bersaniano Zoggia, che guarda alla Direzione di lunedì prossimo con occhi disincantati. Non ci sarà il documento durissimo vagheggiato nei giorni scorsi. «E pure se ci fosse, se lo fanno e se lo votano da soli», dice. E aggiunge di non voler fare «casino inutile, però basta sbeffeggiamenti, basta con la storia dei gufi. Non capiamo il perché di certe affermazioni pesanti come li asfaltiamo... toni sprezzanti che arrivano da chi dovrebbe essere il presidente di tutti e non solo di una parte».

La minoranza ha appena incassato qualcosa di più importante degli insulti a salve di Orfini: l'accettazione di una serie di paletti sulla riforma che riguarda le banche di credito cooperativo (Bcc), da sempre linfa vitale e base di consenso per la sinistra del partito. «Pare si convincano a rimuovere il macigno più grande», commenta con soddisfazione Pier Luigi Bersani, riferendosi al fatto che probabilmente nelle fusioni di Bcc sarà salvaguardata l'indivisibilità delle riserve e la facoltà di recesso. «Resta da capire per quale ragione si siano inventati una cosa del genere...».

L'altra sera l'ex leader aveva mandato qualche segnale tutt'altro che benevolo al cerchio magico renziano, parlando del padre della Boschi: «Mi colpisce moltissimo che s'incontrasse con Flavio Carboni. C'è da stupirsi che andasse a chiedergli consigli, non è accettabile.

La prossima settimana verrà presentato un libro su Andreatta e mi chiedo se fosse qui che cosa potrebbe dire su una cosa del genere». Forse poco di più di quel che ripete il fuoriuscito Stefano Fassina: «C'è una rottura profonda tra il Pd e il suo popolo». Considerato che non si riesce a cambiare il Pd, andrebbe cambiato il popolo, suggeriva Stalin.

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