Quando Angela Merkel pronunciò l'ormai famosa frase «Wir schaffen das» («Ce la facciamo») e aprì le frontiere della Germania a circa un milione di immigrati siriani in fuga dalla guerra, si disse che dietro una mossa tanto audace ci fosse in realtà una promessa fatta dalla Cancelliera ai grandi industriali tedeschi: vi metterò a disposizione la manodopera di cui avete necessità.
Ieri, due anni dopo, il governo di «grande coalizione» da lei presieduto ha approvato due provvedimenti destinati a facilitare proprio l'immigrazione di lavoratori extracomunitari qualificati, quelli di cui le imprese tedesche hanno un bisogno impellente dal momento che - sono dati del mese scorso - risultano vacanti in Germania la bellezza di 807mila posti di lavoro.
Si tratta dunque di aprire ulteriormente i confini, effetto concreto dei viaggi condotti soprattutto in Africa nell'ultimo anno dalla Merkel accompagnata da esponenti dell'imprenditoria tedesca. Ma tra le misure approvate a Berlino figurano anche facilitazioni per quei migranti già integrati nella società tedesca e che già lavorano, ma che hanno permessi temporanei di residenza: è il caso di molti dei siriani di cui sopra.
Le norme votate dall'esecutivo dovranno ora passare il vaglio del Bundestag, dove andrà in scena un braccio di ferro tra i due partiti partner di governo: i socialdemocratici infatti, che hanno sostenuto queste misure,
subiranno pressioni dalla Cdu e ancor più dalla battagliera Csu bavarese affinché non cerchino di inserire emendamenti per fornire chance di restare in Germania a richiedenti asilo che si sono già visti respingere la domanda.
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