E casa Franceschini già prenota le poltrone vip

Dario pensa in grande e punta a sostituire Gentiloni, Michela prepara la corsa al Campidoglio

E casa Franceschini già prenota le poltrone vip

Ha sostenuto Matteo Renzi nel suo ruolo di segretario del partito e nell'azione di governo, nei momenti positivi e in quelli negativi, come nel caso del pesante fallimento del referendum costituzionale e della dolorosa scissione nel Pd. In questi mesi ha anche taciuto su scelte non condivise fino in fondo ma questa volta Dario Franceschini, esponente di primissimo piano sia per autorevolezza che per «peso» numerico in Parlamento, a tenersi dentro l'amarezza per una sconfitta, cocente quanto annunciata, non ce l'ha fatta.

«Bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il campo del centrosinistra non per dividerlo», ha scritto su Twitter il ministro della Cultura, pubblicando i grafici dei risultati ottenuti dal Pd sul territorio. Grafici che nel delirio renziano erano stati presentati dal segretario all'indomani del voto come positivi. Ma Franceschini non è Renzi e sa che mentire a se stessi prima ancora che agli elettori è un suicidio politico. Al quale l'esponente dem non vuole proprio partecipare. Per sé e per la bella consorte Michela Di Biase, capogruppo Pd in Campidoglio, ha ben altri piani.

In Parlamento da ben quattro legislature, già sottosegretario a Palazzo Chigi nei governi D'Alema II e Amato II, ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo Letta, due volte al dicastero dei Beni culturali, nonché segretario nazionale del partito dopo le dimissioni di Veltroni, Franceschini mastica pane e politica dagli anni del liceo e della prima consiliatura in municipio (1980) nella sua Ferrara per la Dc. Perché dovrebbe «coprire» ancora una volta gli errori e le manie di protagonismo di Renzi, che sembra non aver imparato nulla dalla batosta appena presa, tanto dal voler mettere la fiducia sullo ius soli in piena controtendenza rispetto a quella che è emersa essere la volontà degli italiani?

Ex prodiano poi dalemiano, poi veltroniano, poi fedelissimo di Bersani, poi lettiano, infine al seguito del «rottamatore fiorentino», Franceschini da buon democristiano ha capito che è ora di dismettere il ruolo di portatore d'acqua e di virare verso nuovi orizzonti e nuove prospettive. Che si potrebbero concretizzare, per la gioia dell'ambiziosa seconda moglie, in una carica istituzionale importante al prossimo giro. Che non è poi così lontano. Non a caso il ministro parla di «ricomposizione del centrosinistra» e di «ricostruzione di un campo politico», ha capito che il viaggio in solitaria di Renzi uomo solo al comando, contornato dall'ancella Boschi e dal fido Lotti, non sta affatto procedendo con il vento in poppa. La stella si è offuscata.

Perché allora non pensare in grande? Tutto sommato se è diventato premier Gentiloni, il quale alle primarie che sancirono la candidatura del tutt'altro che irresistibile Ignazio Marino a sindaco di Roma racimolò un misero 14%, non si capisce perché non potrebbe legittimamente aspirare alla medesima carica Franceschini che oltre a vantare un rapporto ottimo con Mattarella guida oggi, calcolatrice alla mano, circa un quarto dell'intera pattuglia parlamentare dem.

Non male per la giovane e avvenente Michela Di Biase (classe 1980) che potrebbe, nelle più rosee previsioni, addirittura sommare il ruolo di first lady con quello di futura sindaca di Roma. Almeno così si sussurra - con insistenza - nella Capitale.

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