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E il Guardasigilli in difficoltà non osa citare la sua riforma

Soporifero intervento di Bonafede in Parlamento che svicola sulla prescrizione: "Il cantiere è aperto"

E il Guardasigilli in difficoltà non osa citare la sua riforma

Cammina sulle uova, il Guardasigilli Bonafede. Entra in mattinata nell'aula di Montecitorio con un sorrisetto tirato, si sistema su quel banco del governo che lo fa sentire più alto di due spanne e che mai vorrebbe lasciare, e inizia la sua relazione sullo stato della giustizia. Atto dovuto del ministro, un rito che si ripete ogni anno e che si conclude con un voto (300 sì alla Camera, 146 sì al Senato), in cui la maggioranza approva l'operato del ministro.

Solo che ieri mattina Bonafede era preoccupato: il caso prescrizione è ancora aperto, nel pomeriggio la Camera avrebbe votato la proposta di legge Costa che cancella quello che il ministro ritiene il suo capolavoro, ossia l'abolizione della prescrizione. E dalla sera prima il tam tam renziano faceva sapere che i deputati di Italia viva potrebbero non votare la relazione del ministro, senza chiare aperture alla modifica di ciò che Matteo Renzi definisce «un obbrobrio che demolisce lo stato di diritto». E al Senato, dove nel pomeriggio si ripeterà il rito della relazione di Bonafede, i voti renziani possono fare la differenza. Una bocciatura avrebbe effetti dirompenti, tanto più in una giornata delicata per il ministro: i Cinque Stelle, dopo la dipartita di Di Maio, devono scegliere il nuovo «capo delegazione» nel governo, e Bonafede ambisce a soffiare quel posto al suo degno antagonista Patuanelli. Obiettivo centrato. Per farlo, si è - con democristiana agilità - ricollocato nell'orbita di Conte, mettendosi sotto la protezione del premier e giurandogli fedeltà, dopo essere stato il fido luogotenente di Gigino Di Maio. Presentandosi dunque come il mediatore tra chi, come Conte, vuol sistemarsi a rimorchio del Pd e chi, come il ministro degli Esteri, continua a favoleggiare della «terzietà» antisistema dei grillini di lotta e di governo.

Ecco allora che il Guardasigilli, già provato da settimane difficili di figuracce, gaffe da bar sport (come quella sugli «innocenti che non vanno in galera») e tracolli elettorali dei Cinque Stelle, si impegna in un'offensiva diplomatica: la sua relazione evita ogni argomento spinoso, scorre monotona come un verbale di questura snocciolando dati e cifre anodine, fa sbadigliare gli astanti. E quando alla fine non può proprio più evitare di toccare il punto più dolente, Bonafede si guarda bene dal rivendicare orgogliosamente la sua «riforma», quella che è riuscita a mettere contro di lui sia gli avvocati che i magistrati, e tende invece un timido ramoscello di ulivo ai renziani: «Sulla prescrizione bisogna dire la verità: ci sono divergenze dentro la maggioranza, ci stiamo confrontando in modo leale e il cantiere è aperto. Bisogna garantire la risposta della giustizia ma in tempi certi, e il confronto è tuttora aperto tra noi».

Alla fine, il Guardasigilli incassa il sospirato sì della maggioranza, sia pur accompagnato da vari sberleffi. L'azzurro Sisto lo ringrazia ironicamente: «Il crollo elettorale dei Cinque stelle è anche merito suo e delle sue assurde iniziative». Emma Bonino affonda il colpo: «Non amo speculare sugli incidenti altrui ma il suo non ci sono innocenti in carcere non è uno svarione. È quello che lei pensa veramente. Per lei il dramma peggiore è che un colpevole sia impunito, per me che un innocente sia in carcere. Un innocente in galera è intollerabile, caro ministro».

E anche la senatrice dem Valeria Valente non lo risparmia: «Cerchi di avere un po' di stile, ministro: eviti di chiamare la sua legge Spazzacorrotti».

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