La sentenza, anche se tutta Italia ha capito il contrario, non c'è ancora. La legge che renderà lecito, a certe condizioni, aiutare un aspirante suicida a realizzare il suo proposito, non esiste. A uscire dalla Corte Costituzionale, alle otto di mercoledì sera, è stato solo un comunicato che anticipa (in modo fedele, ma inevitabilmente incompleto) quanto i quindici giudici hanno deciso. Ma perché le norme cambino effettivamente bisognerà attendere il deposito della sentenza: tempi presumibili, intorno al mese e mezzo, se il giudice che la scriverà - il romano Franco Modugno - rispetterà i suoi standard abituali.
Solo a quel punto si capirà davvero l'impatto che la storica decisione della Consulta avrà sui processi già in corso per agevolazione del suicidio, a partire dal più noto, quello al radicale Marco Cappato, accusato per la morte del disc jockey Fabiano Antoniani. È alla Corte d'assise milanese che la Consulta trasmetterà formalmente la sentenza appena sarà depositata, e saranno i giudici milanesi a dover affrontare per primi un tema non facile. Il quadro normativo disegnato dalla Corte appare infatti abbastanza preciso, e disegna in modo quasi rigido i percorsi che andranno seguiti d'ora in avanti da chi vorrà intraprendere la strada del fine vita. A essere nebulosa è invece la sorte da riservare ai processi già aperti, per i suicidi già avvenuti. In quei casi il complesso iter previsto dalla sentenza, fatto di dichiarazioni certificate, di pareri Asl, di comitati etici, non è stato seguito per il semplice motivo che nessuna norma lo prevedeva. E quindi?
L'orientamento della Procura di Milano, che conduce il processo a Cappato, è di guardare non tanto alla forma quanto alla sostanza della decisione della Corte Costituzionale. E nel caso di Cappato e Dj Fabo (come era comunemente chiamato Antoniani) secondo i pm milanesi ricorrono tutte le circostanze indicate dalla Consulta per escludere la punibilità dell'aiuto: il proposito di suicidio era esplicito e autonomo, la malattia irreversibile, il malato lucido e consapevole, le sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili. E anche il Servizio sanitario nazionale, come richiede la Corte, era stato in qualche modo coinvolto nel caso. Per questo la Procura sarebbe intenzionata a chiedere l'assoluzione di Cappato con formula piena, «perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato».
Quella della Consulta sarà, tecnicamente parlando, una sentenza «additiva»: la Corte non cancella parte di una legge (in questo caso l'articolo 580 del codice penale) ma lo modifica inserendovi un inciso, che aggiunge una «causa di non punibilità».
Sul testo che verrà adottato ieri c'è stato un piccolo giallo, perché il comunicato diceva che saranno necessarie «sofferenze fisiche e psicologiche» intollerabili: ma si tratta di un refuso, basteranno le une o le altre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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