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E Di Maio cerca di ammorbidire Fico "il duro"

Rai e informazione: incontro sul programma tra il "capo" e il suo oppositore più di sinistra

E Di Maio cerca di ammorbidire Fico "il duro"

Roma - Più che conoscersi davvero, si continuano ad «annusare» e «studiare», Luigi Di Maio e Roberto Fico. Guardandosi negli occhi, giocando con le parole. L'hanno fatto anche ieri, nello studio da vicepresidente della Camera del primo, in uno degli incontri preparatori del programma grillino. Gruppo «Informazione, Rai, editoria» capeggiato dal secondo, presidente della Vigilanza Rai.

Di Pomigliano d'Arco Di Maio (anche se nato ad Avellino), napoletano di Portici Fico. Giovane e piuttosto estroverso il primo, più maturo e introverso il secondo. Estrazione moderata per Giggino, che piace tanto ai focus milanesi della Casaleggio Associati, sinistrorsa, popolare e un po' dimessa per Roberto. Differenze che non modificano certo lo stato dei rapporti così come ormai s'è configurato, visto che l'uno è stato prescelto come «capo politico» e l'altro ha masticato amaro senza potersi sfogare. Ma l'occasione di questi incontri a largo raggio per imbastire quel che sarà il programma grillino alle elezioni resta comunque quella di una (sia pur difficoltosa) «ricomposizione», la dimostrazione tangibile che Di Maio non farà il leader tradizionale, ma resterà una specie di primus inter pares. Così che le distanze tra i due ieri si sono appena avvertite, con il presidente della Vigilanza Rai che cercava di mascherare il suo pensiero dietro battute e dichiarazioni scontate, tipo: «Questo metodo va bene, è buono». Una specie di conferma dell'armistizio che Fico ha concesso al vittorioso rivale che «buca» il video e rassicura Grillo e le nonne. Di Maio è rimasto a prendere appunti, senza per il momento esporsi più di tanto. Ma è noto che il «radicalismo» di Fico, per esempio sui tetti di spese a Saxa Rubra (e il contratto di Vespa) viene considerato «controproducente» per non dire «pericoloso», dal vicepresidente della Camera.

Ciò che ha rappresentato la corposa trama del summit, però, erano anche i nomi che cominciano a circolare per un «futuribile» governo grillino. Se Di Maio ieri ha smentito tutti i retroscena sull'argomento (nonché il nome del Pm Di Matteo), Fico ci ha voluto scherzare su, fingendo di aver capito che si parlasse del «suo» Napoli capolista. «La squadra? Vorrei che Milik recuperasse presto... Per gennaio abbiamo già preso Inglese dal Chievo Verona». Sul programma, considerato che si è «agli albori», i grillini sono pronti a smentire qualsiasi ricostruzione. Da oggi la parola d'ordine, dicono, sarà quella di sfruttare al meglio la battaglia contro la legge elettorale, il temuto Rosatellum bis. «Opposizione dura, nulla escluso», proclamava Fico. «Arriva in aula la legge Ammazza Volontà Popolare», scriveva invece Di Maio su Fb. «Patto già siglato, un voto a Renzi sarà un voto a Berlusconi e viceversa, l'istituzionalizzazione dei voltagabbana».

Toni ben lontani da quelli usati nel primo incontro al Quirinale con Mattarella.

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