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E Di Maio trama con i suoi per far saltare Crimi

Leadership giudicata "precaria e debole". Vuole il direttorio ma è pronto pure a sfidare Dibba

E Di Maio trama con i suoi per far saltare Crimi

Sicuro e tranquillo. La strategia è rodata. Luigi Di Maio dice di voler stare un passo indietro, ma solo per ritrovarsi ancora avanti al momento opportuno. Come certi vecchi sindaci democristiani, non sarà lui a lanciare la sua candidatura. Preferisce aspettare che glielo chiedano. Adesso o magari più in là. Lui aspetta, nel frattempo continua a dettare l'agenda al M5s.

Lo fa parlando con Rtl 102.5. In un'intervista a tutto campo tocca anche il tema del futuro del Movimento. Per la leadership di domani non si sbilancia, però apre uno spiraglio alla formazione di un direttorio, la soluzione preferita dai big grillini. «Io non ho parlato di leader uomo o donna che sia da solo al comando, anzi questo movimento si deve organizzare e strutturare». In ogni caso, Di Maio vuole accelerare le procedure per mettere alla porta l'attuale capo politico Vito Crimi. Criticato dall'ex leader per l'inerzia sulle alleanze per le prossime regionali. «Crimi sta facendo l'impossibile - dice - ma è reggente, non è stato eletto e forse è arrivato il momento di eleggere una leadership forte». Il ministro degli Esteri sprona all'azione, ma smentisce le sue ambizioni. Si dice che ai suoi uomini più fidati abbia ripetuto il mantra coniato prima delle dimissioni da capo politico, formalizzate a gennaio scorso. Un ragionamento che suona così: «Mi hanno messo in discussione per tanto tempo quando ero capo politico, adesso vediamo cosa sanno fare loro». Infatti Di Maio spiega di non voler tornare in prima linea: «Non sto pensando di tornare ad essere capo politico».

Il ministro vuole tenersi le mani libere in vista di ciò che potrebbe accadere in autunno. Parla di Mario Draghi come di una «risorsa per l'Italia» e si mantiene a metà strada tra la fronda sovranista e la maggioranza governista dei Cinque Stelle. Sullo sfondo si muovono alcuni parlamentari, che in chat annunciano battaglia contro il governo sul dl Semplificazioni. Minacciano di far decadere il decreto e impensieriscono un Conte sempre più stufo dei grillini.

Per il futuro l'idea resta la task force. «Quando mi sono dimesso a nel discorso che ho fatto ho detto che speravo che le responsabilità ricadessero sempre più su molte persone all'interno del movimento», spiega Di Maio. L'ex capo potrebbe indicare il sindaco di Torino Chiara Appendino nel nuovo organismo, se venisse varato. Sì, perché nella contesa tra pesi massimi e gruppo parlamentare è entrato anche il direttorio. «Nel gruppo c'è un dibattito in corso, molti di noi preferirebbero un unico riferimento e non un direttorio, giudicato abbastanza confusionario», ci dice un deputato di certo non ostile a Di Maio. Se i gruppi dovessero imporre la soluzione del capo politico unico, gli equilibri cambierebbero. Alessandro Di Battista sarebbe pronto a correre per sfasciare tutto. A quel punto potrebbe materializzarsi lo scenario del vecchio ras democristiano. Con i grillini a implorare a Di Maio: «Ti devi candidare a capo politico, solo tu ci puoi salvare...».

La strategia è rodata.

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