E sotto la neve ora si cerca la benzina

Migliaia di persone bloccate dal maltempo. E la luce ancora manca

E sotto la neve ora si cerca la benzina

La neve. Manna implorata dai bambini e dai ragazzi, che hanno una scusa in più per restare sotto il piumone e saltare la scuola. Un sogno trasformatosi in un incubo per centinaia di migliaia di persone che da due settimane vivono sommersi da una coltre bianca che fa tornare la vita indietro di anni.

«Ha sempre nevicato», dice in dialetto un signore a un tg regionale qualche anno fa in un video diventato virale. Il Centro Italia è così: cittadine sparse sulla costa e un nugolo di paesini abbarbicati sulle colline e sulle montagne. Paesini abituati a fare spallucce e ad affrontare la neve con quella pazienza tipica di chi da secoli fa i conti con il ritmo delle stagioni.

Eppure stavolta qualcosa non ha funzionato. Quella che sembrava una nevicata un po' più abbondante del solito, ma normale con il passare dei giorni ha assunto le dimensioni di un'apocalisse. Quei record di altezza della neve in Molise e Abruzzo orgogliosamente rivendicati sui social, quelle foto tutto sommato divertenti di appartamenti murati da pareti candide, sono diventati pian piano il simbolo di un'Italia in ginocchio.

I rami caduti sui tralicci e sulle tubature che hanno lasciato centinaia di migliaia di famiglie senza luce, senza acqua, in alcuni casi anche senza riscaldamenti. I mezzi spartineve ci sono, ma ammette sconsolato a un giornale locale il vicepresidente della provincia di Chieti non ci sono abbastanza cantonieri in grado di manovrarli. Molti paesini restano isolati: impossibile raggiungerli, impossibile uscire.

Poi la pioggia, il diluvio, l'alluvione. Tra fiumi (veri) esondati e fiumi creati dai mucchi di neve accatastati ai lati delle strade e sciolti dall'acqua. Le auto trasformate in mezzi anfibi, costrette a circolare tra pozzanghere profonde mezzo metro. Ma le piaghe non sono finite. Torna a farsi sentire pure il terremoto che scuote mezzo Paese, dalle Marche al Molise, dal Lazio all'Abruzzo. Una scossa, poi un'altra e un'altra ancora. Il panico nelle case, nelle scuole, nelle casette e nelle tendopoli di Amatrice e Accumoli.

E il dilemma più grande: la pioggia e il gelo o rischiare di finire sotto le macerie? Una scelta che deve essere sembrata ovvia alla trentina di persone nell'hotel Rigopiano: meglio stare al sicuro alle terme piuttosto che affrontare la bufera. Mentre dal Gran Sasso una slavina rotolava verso valle.

Sui social, intanto, si rincorrevano tragedie sfiorate: un supermercato chiuso per mancanza di corrente accartocciato su se stesso, una strada franata con le auto in bilico, ambulanze e mezzi di soccorso bloccati dal ghiaccio, automobilisti in coda per elemosinare benzina.

«Mandiamo l'esercito», avevano promesso martedì governo e autorità.

«Dal 24 agosto a oggi, nessuno ha risparmiato energie per affrontare i problemi e trovare delle soluzioni», ha ribadito oggi il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio. Ma la sensazione per chi vive in quelle zone è che passata l'emergenza ci si sia scordati di quella parte d'Italia a pochi chilometri da Roma, ma quasi invisibile alla politica.

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