E la sua accusatrice Tara è snobbata dal "MeToo"

L'ex assistente dell'allora senatore dem che denunciò un'aggressione: "Movimento ipocrita"

E la sua accusatrice Tara è snobbata dal "MeToo"

Si attendeva l'aiuto sincero del movimento #MeToo, lo stesso che ha animato negli ultimi anni l'America «woke», del risveglio progressista e della politica identitaria che atomizza la società in tante piccole minoranze immerse nella «cultura del piagnisteo», come direbbe Robert Hughes. Ma anziché ricevere aiuto e comprensione, o quantomeno essere ascoltata, è stata prima snobbata, poi screditata e il suo nome infangato.

Lei è Tara Reade, una delle otto donne che nel 2019 si sono fatte avanti sostenendo di essere state molestate da Joe Biden, al tempo senatore e oggi presidente degli Stati Uniti d'America. L'episodio, com'è noto alle cronache, risale al 1993, quando Tara Reade, oggi 57 anni, portò all'esponente dem una borsa per la palestra. Al Giornale, l'ex collaboratrice di Biden, in compagnia dell'amica italiana Michela Morellato, con la quale aiuta le donne vittime di violenza sessuale, racconta di com'è stata scaricata da quel mondo - quello dei democratici - in cui si riconosceva. Come ha già dichiarato in altre occasioni, la donna, all'epoca nello staff di Biden, sostiene di essere stata toccata, baciata e infine «penetrata con le dita» dall'allora senatore del Delaware fra le mura di Capitol Hill. Dal presunto fattaccio è passato molto tempo e, a oggi, le sue accuse contro il Presidente Biden non hanno trovato effettivo riscontro. La sua storia può però aiutarci a comprendere il clima settario e ideologico che si respira negli Stati Uniti nell'era del #MeToo, impregnato di ipocrisia e doppiopesismo: basti pensare allo spazio dedicato dai media ai presunti scandali che riguardavano Donald Trump e a quelli in cui è coinvolto il Biden o il figlio Hunter. «Quando, nel 2019, ho reso pubblica la mia storia con altre sette donne - ricorda Reade - mi hanno denigrata».

Si aspettava il sostegno del #MeToo e dei dem. Così non è stato. «Per me e per le altre sembrava un momento sicuro per esporci. Prima che Joe Biden si candidasse alla presidenza, avevo già deciso di rendere pubblica la cosa. Mia figlia era cresciuta, volevo sapesse la verità. Non potevo sapere però che due delle fondatrici di Time's Up erano advisor di Joe Biden», in riferimento al gruppo no-profit che raccoglie fondi per sostenere le vittime di molestie sessuali fondato nel 2018 dalle celebrità di Hollywood. «Non solo hanno ignorato la mia storia, ma mi hanno screditata come persona in tutti i modi. Pensavo che il movimento mi desse una mano, ma è con l'élite dem. Vedete quello che è successo con l'ex governatore Andrew Cuomo: hanno tentato di screditare le donne che si sono esposte contro di lui».

Lapidario il suo giudizio sulla democrazia americana, come ha scritto anche in un recente tweet: «Per me, la

democrazia americana è morta in un corridoio del Campidoglio nel 1993 quando, da giovane membro del suo staff, Joe Biden, mi ha aggredito sessualmente. Poi, ha usato il suo potere e le sue risorse per mettermi a tacere».

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