Ecco la fabbrica dove i militari coltivano cannabis

È il fortino dove i militari coltiveranno la cannabis terapeutica di Stato. Il prodotto potrà essere assunto come tisana o inalato

Ecco la fabbrica dove i militari coltivano cannabis

Nella vecchia Sezione Forme Solide Liquide e Prodotti Industriali la macchina della macinazione è pronta. Gli operai dipingono muri e teli di cellophane, coprono le strutture protette. Qui tra pochi mesi centinaia di infiorescenze verranno essiccate e sminuzzate, poi chiuse in flaconcini nei laboratori e spedite alle farmacie. I destinatari saranno un gruppo di pazienti che soffrono di sclerosi laterale amiotrofica e malati terminali di tumore.

Questo è il fortino dove sarà prodotta la cannabis terapeutica di Stato. Si parte con la lavorazione su infiorescenze fatte arrivare da Rovigo. Poi si passerà alla coltivazione diretta in serre sorvegliate e isolate: prima in uno spazio di circa 50 metri quadrati che può produrre fino a 15 chili di cannabis, poi di 600. Secondo le stime, i pazienti che potrebbero accedere all'utilizzo terapeutico della cannabis in Italia sarebbero potenzialmente centomila. A due mesi dall'accordo raggiunto tra i ministeri della Salute e della Difesa, ieri si è svolto a Roma il primo incontro tecnico. Undici regioni hanno indicato i primi sessanta pazienti. Se la burocrazia non rallenterà tutto, le confezioni di marijuana curativa potrebbero arrivare nelle farmacie nella seconda metà del 2015.

L'officina della cannabis terapeutica pubblica si trova al termine di un enorme corridoio dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Fiale, boccette, attrezzi risalenti a oltre un secolo fa sono conservati in teche di vetro. Alcune foto sbiadite dagli anni raccontano la storia di questo luogo, unica azienda farmaceutica non privata d'Italia: fondato nel 1853 a Torino e trasferito nel 1931 a Firenze, lo Stabilimento militare impiegava negli anni ‘40 oltre 2mila persone. Questa fu la fucina del potente antimalarico chinino a inizio ‘900, la fabbrica di ioduro di potassio per Chernobyl. Adesso nei laboratori, oltre ai kit militari, si producono soprattutto farmaci introvabili per malattie rare. Il rapporto con i circa duemila malati è diretto. Si spedisce per esempio colestiramina per soli venti bambini. Ecco perché sulla casella di posta del direttore, il generale Giocondo Santoni, arrivano giornalmente svariate e-mail di familiari di pazienti che chiedono già l'invio di cannabis terapeutica.

Per gli 85 dipendenti attuali questa è «l'occasione» -dice il generale- di intervenire con uno sperimentale «servizio pubblico», che potrebbe estendersi a molte malattie oltre a quelle attualmente previste: il principio attivo THC è per esempio «uno stimolatore dell'appetito», oltre che un riconosciuto antidolorifico. Bisogna aspettare il «sì» del Consiglio superiore di sanità, ma intanto si sperimenta la prima piccola serra che Santoni ci mostra, con il primo vaso per le piantine. Tutto ad illuminazione (18-12 ore al giorno) e areazione artificiale, necessarie per un prodotto omogeneo: «Prima partiremo con la sola lavorazione della cannabis che ci arriverà dal centro di Rovigo dove viene coltivata in via sperimentale». Il prodotto potrà essere assunto come tisana «o inalato». Il costo sarà a carico delle Regioni che aderiscono al progetto. La cannabis si pagherà con il ticket.

Fino ad ora le confezioni venivano importate dall'Olanda, al prezzo elevatissimo di circa 15 euro a grammo. Poi si passerà alla serre militari.

Ai tempi del chinino, il governo italiano acquistò un'intera piantagione a Giava. Ripartiamo da una pianta, come cent'anni fa.

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