Il modello elettorale c'è già. I contatti più o meno sotterranei sono avviati. Gli sherpa dei vari partiti si muovono, «anche se l'input finale dovrà venire dai leader». La strada, insomma, è tracciata, così come il teatro parlamentare - il Senato - dove verrà fatto il nuovo tentativo di rilanciare il «Tedeschellum», ovvero il sistema proporzionale sul quale era già stato trovato l'accordo alla Camera tra i quattro maggiori partiti, prima che le divisioni interne al Movimento 5 Stelle e al Partito Democratico facessero saltare il tavolo.
Silvio Berlusconi - tornato a ruggire dalle pagine del Gazzettino - insiste sulla necessità di una «coalizione inclusiva». E rilancia il suo personale desiderio di dare al Paese una legge elettorale di stampo proporzionale. «Non esiste più nulla che somigli al bipolarismo. L'unico modo per rispettare la volontà degli elettori è prenderla alla lettera: chi ha il 20% dei voti deve avere il 20% dei seggi». E ancora: «Una legge maggioritaria in teoria ci converrebbe, ma sarebbe sbagliato affidare la guida del Paese a uno dei tre poli con un terzo dei voti validi. Sarebbe un ulteriore allargamento del distacco tra cittadini e istituzioni. Vogliamo tornare a governare ma non con un artificio elettorale». E poi il promemoria e l'auspicio: «La legge proporzionale è stata scritta e votata in Commissione da noi, Pd, Lega e M5S. Con qualche aggiustamento, come un premio di governabilità per la lista o la coalizione vincente potrebbe riscuotere un largo consenso».
Il nuovo affondo che Forza Italia intende portare si basa su alcuni punti fermi. Silvio Berlusconi ritiene che andare al voto con l'Italicum corretto dalla sentenza della Corte costituzionale rischi di consegnare il Paese al Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, l'unico in grado di raggiungere quel 40% che garantisce alla Camera il premio di maggioranza. Uno spettro meno forte rispetto a qualche mese fa, alla luce della crescita del centrodestra, ma non ancora del tutto fugato. Inoltre il proporzionale favorirebbe la nascita della quarta gamba liberal-popolare, quella a cui sta lavorando l'ex ministro Enrico Costa, utile a riorientare l'equilibrio della coalizione verso il centro piuttosto che sulle estreme, magari abbassando lo sbarramento dal 5 al 4%.
Naturalmente se si riuscisse a ottenere un premio di maggioranza alla coalizione, questo sarebbe bene accetto, a condizione che non si faccia il listone, formula che secondo il presidente di Forza Italia farebbe perdere voti invece che farli guadagnare.
«La legge elettorale va fatta. Non dobbiamo rinunciare ai tentativi auspicati anche dal presidente Mattarella. Forse il Senato è il luogo giusto per tornare su soluzioni tedesche», ammette il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. La «ripartenza» del Tedeschellum da Palazzo Madama avrebbe diversi vantaggi. Innanzitutto un clima diverso rispetto alla Camera, dove l'incidente di giugno ha creato animosità e conflittualità. In secondo luogo approvare la nuova legge al Senato (insieme al Pd) consentirebbe un secondo passaggio rapido alla Camera dove il partito di Matteo Renzi ha numeri blindati. In terzo luogo al Senato le votazioni avverrebbero in maniera più trasparente visto che il ricorso al voto segreto è più difficoltoso.
Inoltre affrontare la legge elettorale alla ripresa autunnale consentirebbe una maggiore serenità di dibattito perché in ogni caso a questo punto andare a votare prima della scadenza naturale sarebbe impossibile.
Particolare non trascurabile, visto che a Montecitorio la legge venne affossata perché circolò una data del voto - il 24 settembre - che avrebbe privato deputati e senatori di alcune mensilità di stipendio. Una ingenuità fatale per il destino della riforma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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